Description
Harry Gelb ha sete. Sete di vita, di intensità, di gloria. Una sete inestinguibile. Per placarla viaggia, si droga, beve e, soprattutto, scrive. Va alla ricerca di estasi ed esperienze, ossia della «materia prima» dalla quale trarre i romanzi e le poesie con cui è determinato a entrare nella storia della letteratura. Il fiume in piena dei fermenti europei degli anni Sessanta e Settanta lo sballottola tra Istanbul, Berlino e Francoforte tracciando le spire di una gioiosa catastrofe: un incessante vagabondare tra case occupate, lavori precari, assemblee del movimento studentesco e scalcagnate redazioni letterarie. Sempre a rotta di collo, con come unici porti franchi il bancone di una bettola, l’abbraccio di un amore corsaro, i tasti di una macchina da scrivere. Inseguendo Dostoevskij, Fallada e la Beat Generation (fino a convocare William Burroughs tra i personaggi del romanzo), l’«outsider tra gli outsider» Jörg Fauser descrive, con uno stile inconfondibile fin dalla prima riga, anno dopo anno, sbronza dopo sbronza, le passioni e i tradimenti di un’intera utopia sociale. Sarcastica anatomia dell’irrequietezza e della dipendenza, Materia prima racconta gli slanci e i passi falsi di una picaresca vocazione alla scrittura e alla rivolta.
Biographical notes
Jörg Fauser (1944-1987) è stato poeta, romanziere, sceneggiatore e giornalista, ma anche magazziniere, imballatore, guardiano di notte e fattorino. Fedele al progetto di voler vivere «un’esistenza di lavori normali e nel tempo libero buttare giù un paio di opere immortali», si è impiegato nelle occupazioni più disparate e ha animato molte delle imprese editoriali più radicali della controcultura tedesca. Come autore ha spaziato tra generi diversi scrivendo, tra l’altro, gialli di successo e una biografia di Marlon Brando. Nel 1984 ha pubblicato Materia prima, libro di culto di una generazione, annoverato dalla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» tra i romanzi tedeschi più belli del dopoguerra. È morto in circostanze misteriose il giorno del suo compleanno mentre tentava di attraversare a piedi l’autostrada. Charles Bukowski lo definì «il duro per eccellenza».