Nel 1863 Jules Verne scrisse un romanzo che il suo agente letterario ritenne troppo inverosimile per essere pubblicato. Più di cento anni dopo, il suo pronipote trovò in una cassaforte il manoscritto: Parigi nel Ventesimo secolo, il futuro ipotizzato da uno dei più famosi scrittori di fantascienza di tutti i tempi, un romanzo appassionante e sorprendentemente profetico. Parigi, 1960: una splendida metropoli, scintillante di elettricità, collegata al mare da un gigantesco canale, attraversata da automobili e metropolitane sospese e automatizzate... Questo è l’affascinante mondo che Finanza e Tecnologia hanno forgiato insieme. Tuttavia, in questo futuro all’apparenza radioso, sono in pochi a preservare la cultura classica, l’arte, la poesia: per lo Stato solo il denaro e le scienze meccaniche possono esistere. Coloro che persistono negli ambiti umanistici si ritrovano emarginati, disprezzati e presto sopraffatti dalla povertà. Michel Dufrénoy è un giovane poeta, appena laureatosi in Lettere antiche, che dovrà cercare un posto in un mondo in cui i suoi talenti non hanno alcun valore. In quest’opera, il romanziere che abbiamo conosciuto come propagatore delle meraviglie della scienza intuisce le storture che l’economia e la politica potranno operare, a discapito della cultura. Il fortuito ritrovamento di questo manoscritto rinnova la nostra comprensione dell’uomo e dello scrittore Verne, capace come sempre di stupirci con un romanzo avvincente, ma dove il grandioso si tinge dell’umorismo più cupo.