Description
Uno spazio che ha "un solo volto e tante anime", ampio e poliedrico, la cui unicità sorprende tanto il padovano quanto il turista. Un sito di antica fondazione trasformatosi nel tempo seguendo l'evoluzione della città e le mutate esigenze dei suoi abitanti. Nell'immaginario diffuso Prato della Valle è il "lembo del giardin d'armida" di dannunziana memoria, luogo eletto di letterati e artisti, da Diego Valeri ad Amleto Sartori, ma è anche il Prà di Tono Zancanaro, brulicante di "poareti", un'area dalle ambizioni moderne, ma che in fondo moderna non è mai stata. Molti i progetti rimasti sulla carta o solo parzialmente realizzati, a partire dall'intervento di fine Settecento di Andrea Memmo, lungimirante provveditore della Serenissima, al quale sono seguiti utopici tentativi di tenere il Prato al passo con la modernità, come il campus universitario a firma di Giuseppe Jappelli, espresso solo in forma progettuale, o la facciata scarlatta della Loggia Amulea, in netto contrasto con la preesistente quinta architettonica.
Anche le destinazioni d'uso hanno connotato la fisionomia di Prato della Valle: da polo fieristico-commerciale a zona militare ai primi dell'Ottocento con austriaci e francesi, fino a diventare arena per giostre, circo, corse di cavalli e poi gare automobilistiche dagli anni Venti del Novecento.
In queste pagine non viene solo tracciato un profilo storico di Prato della Valle, ma ci si sofferma sulla recente storia sociale per mettere in prospettiva il luogo con i suoi abitanti. In una storia scandita da continui corsi e ricorsi, è spontaneo domandarsi oggi se Prato della Valle, che non è e non sarà mai una semplice piazza, sia grado di esaltare le persone che vi vivono o lavorano o se a livello identitario prevalga il suo essere una scenografica e affascinante quinta architettonica.