Description
Nel delineare una critica della cultura contemporanea euro-americana, il volume propone un'analisi che si avvale di fonti filosofiche
(Berkeley, Hegel, Marx, Adorno), letterarie (Musil, Canetti, DeLillo),
sociologiche (health sociology), nonché dei testi della più recente Media Theory. La tesi è che una tale cultura, basata sulla mera e
"puntillistica" percezione di immagini, più che di fatti, non sia supportata dal pensiero riflessivo, ma si presti ad una "colonizzazione" passiva della mente e dell'immaginario collettivo. Tutto ciò accade
a beneficio del profittevole sfruttamento dei dati personali gratuitamente forniti dagli utenti della rete, che vengono così messi "al
lavoro" anche durante il tempo libero, e persino quando si occupano della loro salute (si pensi al fenomeno del self-tracking). Questo
meccanismo, d'altra parte, non viene affatto intaccato dai rabbiosi
identitarismi politici che monopolizzano i social media, particolarismi che anzi risultano "coerenti" con il suo funzionamento, e con
l'abbassamento generalizzato della funzione critica, dovuto all'atomizzazione del discorso.
Utilizzando diversi strumenti d'indagine, dalla Critical Race Theory
alla classica teoria critica della Scuola di Francoforte, il libro ricostruisce la genealogia di una vita solo virtualmente sociale, che
pure non può non incontrare temi urgenti quali il razzismo, la
quantificazione del sé e le diseguaglianze sociali.
Come strategia di recupero della realtà e della sua cogenza, al di
là degli inganni del sensazionalismo e della spettacolarizzazione
dell'esperienza, l'autore pone in evidenza i vincoli oggettivi costituiti dal corpo vissuto (Leib), dal lavoro vivo, dalla vulnerabilità al
dolore e alla malattia, e propone di costruire su di essi una rinnovata etica relazionale: un'etica che sappia cogliere nell'umanità materiale il proprio criterio normativo.