Description
La Lazio è un gran teatro del tifo dove convivono il melodramma e lʼesistenzialismo, la tragedia e la commedia, cialtroneria e cose matte e disperate, pietas e teppismo. Cʼè il crepuscolare, il pessimista cosmico, lʼintroverso, lʼeuforico, lo sfrontato, il nichilista, e poi ancora il saggio, lo storico, il reduce e lʼatleta, il pazzo, il selvaggio, il sentimentale, il dandy, il tribuno e lo straniero, il paracadutista e il premio Strega, cʼè il sapiente e il cronista, il poeta e lʼagitprop, il trasteverino e il modenese, i ragazzi del Tufello e del Quadraro, quelli di Roma Nord e di Monteverde, i veneziani e gli svedesi, il fascista e il compagno, la bandiera inaspettata e lʼamico traditore. E tutti con in testa unʼidea di Lazio differente, tanto che c'è chi afferma che conosciuto un laziale restano da conoscere tutti gli altri.
Io sono nato nel 1974, lʼanno del primo scudetto romano dal dopoguerra. Il primo abbonamento è arrivato a dieci anni con la Lazio di Chinaglia presidente. Allo stadio con mio padre ho visto il gol di Fiorini per non retrocedere, lʼirriverenza di Di Canio, le lacrime di Gascoigne, Signori capocannoniere e Zeman al timone. Poi a 26 anni lʼapoteosi del secondo scudetto con Nedved, Mancini e Simeone, vissuta allo stadio sempre con mio padre. La Lazio è diventata così una seconda casa ma sempre sregolata, irrequieta, mai tranquilla. Nella concordia le piccole cose crescono sta scritto nel motto della società, e la Lazio piccola cosa non lo è mai stata. Abbiamo continuato a vincere trofei con Dabo, Rocchi e Lulic e nel frattempo sono passati 40 anni da quel primo scudetto. Nel mezzo è successo tutto e il contrario di tutto, è stato come far varcare una linea
d'ombra a un'intera famiglia.
"Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia."
Stefano Ciavatta, giornalista e autore tv, scrive per Europa, Pagina99 e Studio. È diventato professionista al desk del Riformista. Ha scritto per l'Espresso.it, Il Fatto Quotidiano e Link.