Description
Nessun gesto e comportamento della vita quotidiana è privo di interesse per la moderna sociologia della cultura. Tuttavia, sempre più spesso essa si occupa anche delle implicazioni istituzionali e produttive di tutte queste attività: le vacanze, i vestiti, i programmi televisivi, le partite di calcio sono proiezioni di un mondo aziendale-imprenditoriale che fa circolare denaro e di denaro si alimenta, imponendo modelli di consumo attraverso gli strumenti della distribuzione. Questa rete di rapporti concorre a forgiare la struttura della società e assume un ruolo fondamentale nella sua organizzazione, nelle trasformazioni delle istituzioni, nel consolidamento di nuovi equilibri tra classi, gruppi professionali e centri di potere.
Perciò si può ritenere superata la prospettiva antropologica tradizionale che considerava le entità culturali come del tutto separate dalle ordinarie pratiche umane: da un lato, i beni che incarnano le più alte espressioni dello spirito (letteratura, arti figurative, musica classica); dall’altro, i prodotti più facilmente fruibili, elaborati dalle industrie culturali e orientati a favorire il consumo, piuttosto che la formazione e la crescita intellettuale, morale, estetica.
I contributi qui raccolti indagano i diversi significati delle merci nella quotidianità, senza limitarsi a spiegazioni economiciste di derivazione marxiana (A. Appadurai e I. Kopytoff); analizzano il controverso rapporto tra cultura popolare e cultura d’élite (H.J. Gans, D. Crane e S. Hall) e si oppongono alle più diffuse opinioni sulla mercificazione della cultura, mostrando come sia sempre più frequente la culturalizzazione delle comuni merci industriali, dalle automobili alla pubblicità (S. Lash e J. Urry). Nella società contemporanea, l’affermazione della cultura popolare e delle forme di creatività personale (J. Fiske e P. Willis) rimuove di fatto quelle barriere tra cultura d’élite e cultura popolare, tra merci e libere espressioni dello spirito, che ostacolano la comprensione di una realtà sempre più complessa.
Emanuela Mora è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano. È direttore del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale della stessa Università.
Perciò si può ritenere superata la prospettiva antropologica tradizionale che considerava le entità culturali come del tutto separate dalle ordinarie pratiche umane: da un lato, i beni che incarnano le più alte espressioni dello spirito (letteratura, arti figurative, musica classica); dall’altro, i prodotti più facilmente fruibili, elaborati dalle industrie culturali e orientati a favorire il consumo, piuttosto che la formazione e la crescita intellettuale, morale, estetica.
I contributi qui raccolti indagano i diversi significati delle merci nella quotidianità, senza limitarsi a spiegazioni economiciste di derivazione marxiana (A. Appadurai e I. Kopytoff); analizzano il controverso rapporto tra cultura popolare e cultura d’élite (H.J. Gans, D. Crane e S. Hall) e si oppongono alle più diffuse opinioni sulla mercificazione della cultura, mostrando come sia sempre più frequente la culturalizzazione delle comuni merci industriali, dalle automobili alla pubblicità (S. Lash e J. Urry). Nella società contemporanea, l’affermazione della cultura popolare e delle forme di creatività personale (J. Fiske e P. Willis) rimuove di fatto quelle barriere tra cultura d’élite e cultura popolare, tra merci e libere espressioni dello spirito, che ostacolano la comprensione di una realtà sempre più complessa.
Emanuela Mora è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano. È direttore del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale della stessa Università.