Description
La filosofa Myriam Revault d’Allones, attraverso un excursus storico che dai Greci arriva a Max Weber, Hannah Arendt, Milan Kundera e Paul Virilio, attraverso Rousseau e Marx, traccia le linee per una nuova interpretazione della crisi e del tempo che, coinvolgendo l’incertezza e la precarietà nell’idea di futuro, non sottragga l’uomo alla responsabilità dell’azione e della creazione del proprio destino.
“Oggi abbiamo tutti la sensazione di vivere una crisi senza fine. Ma una crisi che non finisce mai non è più una crisi. Diventa il sintomo di qualcos’ altro”. Per gli antichi Greci, la parola krisis indicava lo stadio più critico della malattia, il momento in cui era necessario intervenire attraverso una diagnosi a cui seguivano decisioni che, in un modo o nell’ altro (con la guarigione o con la morte), avrebbero fatto uscire il malato da quella condizione. Krisis era dunque il momento del giudizio e della decisione, quindi dell’ azione. Oggi la crisi è invece uno stato perenne e cristallizzato: più che un concetto, è una metafora della nostra esistenza, che indica la difficoltà dell’uomo contemporaneo a rapportarsi con il proprio futuro.
“Oggi abbiamo tutti la sensazione di vivere una crisi senza fine. Ma una crisi che non finisce mai non è più una crisi. Diventa il sintomo di qualcos’ altro”. Per gli antichi Greci, la parola krisis indicava lo stadio più critico della malattia, il momento in cui era necessario intervenire attraverso una diagnosi a cui seguivano decisioni che, in un modo o nell’ altro (con la guarigione o con la morte), avrebbero fatto uscire il malato da quella condizione. Krisis era dunque il momento del giudizio e della decisione, quindi dell’ azione. Oggi la crisi è invece uno stato perenne e cristallizzato: più che un concetto, è una metafora della nostra esistenza, che indica la difficoltà dell’uomo contemporaneo a rapportarsi con il proprio futuro.