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«Allora lessi le storie, e la più antica – antica tanto che il genere umano era in sì tenui primordi, che quattro soli mortali regnavano sulla superficie del globo, Adamo, Eva, Caino, ed Abele. Ma la legge “di non fare agli altri ciò che non vorremmo che fosse fatto a noi” o non era legge di natura, o è da credere che fosse bambina; perché alle prime pagine vidi, che un fratello trucidò l’altro». Nel settembre 1809 Ugo Foscolo tiene davanti agli studenti di legge a Pavia un’orazione che gli varrà la cacciata dall’insegnamento, perché – come scriveva un funzionario dell’epoca – «non aveva saputo conciliarsi (…) l’opinione de’ professori e delle persone di provetto giudizio, attesi i paradossi letterari e morali di cui ha sparso i discorsi da lui recitati in alcune solenni occasioni». Si trattava invece di un testo di autentica portata filosofica, da cui emerge una concezione dell’uomo e del progresso civile, che ancora oggi ci colpisce come un piccolo capolavoro della nostra prosa morale.