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Description
Le nostre ferite — le faglie, le fratture, le mancanze del nostro essere — sono sempre più spesso messe al bando dalla società «performante», tanto che ci rassegniamo a considerarle gravi errori e a trattarle come pattume da nascondere sotto il tappeto della nostra consapevolezza. Si produce così un cortocircuito fra la nostra parte «accettabile», con cui ci identifichiamo, e la parte di noi più vulnerabile e spaventata, che finiamo per giudicare «impresentabile». È indispensabile invece fare i conti con le proprie fragilità, riconoscerle, per conquistare un piccolo ma saldo spazio interiore di certezza che possa permetterci di rimanere in piedi quand'anche arrivassero le immancabili delusioni.
La fiducia ci espone al rischio del tradimento, ma se non si accetta di correre questo rischio si resta murati nei ruoli malinconici dello spettatore e dell'antagonista, ovvero di chi si limita a osservare la vita e a difendersi da essa.