Description
««Tutti i possibili significati contenuti in La colonia diventano, nel corso della narrazione, chiarissimi, suscitando nel lettore sensazioni indimenticabili». »
«The Guardian»
««Magee ancora il suo mondo alla feroce realtà della guerra fratricida irlandese durante un'estate fatidica, e nel mentre ci ricorda qual è stata l'eredità dell’imperialismo in tutto il mondo». »
«The New York Times Book Review»
«Un romanzo bello da togliere il fiato, una storia importante sul linguaggio, la cultura e l'identità». »
«CrimeReads»
««Che sollievo trovare un romanzo che tratti il lettore come un adulto, che sia fresco senza inseguire le mode letterarie, provocatorio senza urlare, del tutto soddisfacente. La colonia contiene moltitudini – famiglie, uomini e donne, comunità rurali – che illuminano la mente».»
«The Times»
Estate 1979, Irlanda del Nord. Una minuscola isola non lontana dalla costa ovest, ultimo baluardo di una esigua popolazione di madrelingua irlandese, è la meta estiva di due «stranieri»: il signor Lloyd, un pittore inglese, che si immagina un novello Gauguin, e Jean-Pierre Masson, un linguista francese lì per completare la sua tesi di dottorato. Lloyd è alla ricerca di un’esperienza profonda, tanto che fin dall’inizio pretende di arrivare in barca a remi nonostante il mare agitato: vuole che quel luogo incontaminato lo cambi radicalmente, vuole che la tranquillità e la luce si impadroniscano di lui dandogli la vera ispirazione della creazione artistica. Dal canto suo anche Masson desidera qualcosa: la conferma che l’isolamento dei pochi abitanti del luogo possa provare le sue teorie di preservazione identitaria legata alla lingua. Ma le persone che abitano l’isola – cinque chilometri per ottocento metri di estensione – hanno le loro opinioni su ciò che viene preso da loro e ciò che dovrebbe essere dato in cambio. Attraverso l’interazione tra i due visitatori e la popolazione locale, Audrey Magee ci parla di colonialismo, di identità culturale, dell’arroganza di chi non ascolta le persone che si vanta di voler aiutare, nella convinzione di sapere meglio di loro ciò di cui hanno bisogno. La violenza coloniale, così ben camuffata nei civilissimi rapporti tra i due «stranieri» e i loro ospiti, esplode in queste pagine, datate 1979, l’anno dell’escalation violenta dei Troubles, culminati nell’uccisione di lord Mountbatten. Magee è bravissima nel ritrarre i suoi personaggi: il quasi ridicolo pittore, alla ricerca di una vera esperienza di scogliere spazzate dal vento e solitudine, e l’altrettanto opaco Masson, che proietta le sue fantasie di purità linguistica sugli abitanti dell’isola. La scrittura è molto particolare, densa di dialoghi, ma anche di monologhi, con un punto di vista che passa da un personaggio all’altro, sorprendendo ma anche inchiodando alle pagine l’attenzione del lettore. E Magee riesce, in punta d’ironia, a darci un messaggio potente su come gli effetti del colonialismo restino radicati nella psiche delle persone, da entrambi i lati della linea che li divide.
«The Guardian»
««Magee ancora il suo mondo alla feroce realtà della guerra fratricida irlandese durante un'estate fatidica, e nel mentre ci ricorda qual è stata l'eredità dell’imperialismo in tutto il mondo». »
«The New York Times Book Review»
«Un romanzo bello da togliere il fiato, una storia importante sul linguaggio, la cultura e l'identità». »
«CrimeReads»
««Che sollievo trovare un romanzo che tratti il lettore come un adulto, che sia fresco senza inseguire le mode letterarie, provocatorio senza urlare, del tutto soddisfacente. La colonia contiene moltitudini – famiglie, uomini e donne, comunità rurali – che illuminano la mente».»
«The Times»
Estate 1979, Irlanda del Nord. Una minuscola isola non lontana dalla costa ovest, ultimo baluardo di una esigua popolazione di madrelingua irlandese, è la meta estiva di due «stranieri»: il signor Lloyd, un pittore inglese, che si immagina un novello Gauguin, e Jean-Pierre Masson, un linguista francese lì per completare la sua tesi di dottorato. Lloyd è alla ricerca di un’esperienza profonda, tanto che fin dall’inizio pretende di arrivare in barca a remi nonostante il mare agitato: vuole che quel luogo incontaminato lo cambi radicalmente, vuole che la tranquillità e la luce si impadroniscano di lui dandogli la vera ispirazione della creazione artistica. Dal canto suo anche Masson desidera qualcosa: la conferma che l’isolamento dei pochi abitanti del luogo possa provare le sue teorie di preservazione identitaria legata alla lingua. Ma le persone che abitano l’isola – cinque chilometri per ottocento metri di estensione – hanno le loro opinioni su ciò che viene preso da loro e ciò che dovrebbe essere dato in cambio. Attraverso l’interazione tra i due visitatori e la popolazione locale, Audrey Magee ci parla di colonialismo, di identità culturale, dell’arroganza di chi non ascolta le persone che si vanta di voler aiutare, nella convinzione di sapere meglio di loro ciò di cui hanno bisogno. La violenza coloniale, così ben camuffata nei civilissimi rapporti tra i due «stranieri» e i loro ospiti, esplode in queste pagine, datate 1979, l’anno dell’escalation violenta dei Troubles, culminati nell’uccisione di lord Mountbatten. Magee è bravissima nel ritrarre i suoi personaggi: il quasi ridicolo pittore, alla ricerca di una vera esperienza di scogliere spazzate dal vento e solitudine, e l’altrettanto opaco Masson, che proietta le sue fantasie di purità linguistica sugli abitanti dell’isola. La scrittura è molto particolare, densa di dialoghi, ma anche di monologhi, con un punto di vista che passa da un personaggio all’altro, sorprendendo ma anche inchiodando alle pagine l’attenzione del lettore. E Magee riesce, in punta d’ironia, a darci un messaggio potente su come gli effetti del colonialismo restino radicati nella psiche delle persone, da entrambi i lati della linea che li divide.
Biographical notes
Audrey Magee vive a Wicklow, Irlanda. Il suo romanzo d’esordio, Quando tutto sarà finito (Bollati Boringhieri 2015), è stato finalista al Women’s Prize for Fiction, all’Irish Book Award e al Festival du Premier Roman. La colonia è stato finalista al Booker Prize 2022.