Description
In questo studio sull’estetica della mulatez, la narrazione del fascino della sensuale mulatta cubana, pericolosa perché “quasi bianca”, viene esplorata come antifona dalle funzioni contraddittorie: da un lato, l’essere monito contro i tentativi di contaminazione razziale dell’ordine dominante della blancura e della mascolinità; dall’altro, l’essere metafora della possibilità di rottura di questo stesso ordine a favore di un ethos liberale, rivendicazione di nuove forme di cittadinanza in seno alla società di caste coloniale. Concentrandosi sulle prospettive di donne che si autodefiniscono mulatte, l’autrice ne esplora l’“habitus dell’esibizionismo” e la vanità ostentata quale tattica per garantirsi visibilità nel sistema di forze cubano: un fare più che un essere; uno stile performativo critico verso la tradizione rappresentativa che fissa la mulier ludens, la mulatta, come disponibile e passiva.
Biographical notes
Elena Zapponi, antropologa, si occupa di colonialità, genere e produzioni culturali ed estetiche. Ha lavorato sui pellegrinaggi a piedi e sul bricolage religioso in Argentina e in Uruguay. A Cuba ha fatto ricerca sulla santería e sulla riappropriazione dell’africanía. Ha scritto, tra l’altro, Pregare con i piedi (2008) e Marcher vers Compostelle (2011).