Description
Il libro riprende figure magiche di epoca Medievale, le Fate Melusine. Questi esseri fatati, tipiche della cultura celtica, sono magiche creature acquatiche solitamente rappresentate con la coda di pesce o di serpente. A loro è legato un sortilegio: sposare un cavaliere che mai le deve vedere tramutate nella forma magica di donna serpente. Le fate però, sempre per lo stesso sortilegio, devono assumere la forma serpente una volta a settimana e mantenere queste sembianze per tutto il giorno. Rompere l’incantesimo porta alla disgrazia per il cavaliere e alla fuga delle creatura, destinata a restare serpente per l’eternità.
L’Autore d’Arras narra così il mito della bellissima sposa del figlio del re dei Bretoni, il giovane Raimondino. Grazie alla magia della moglie, che ogni sabato si tramuta in serpente nascondendosi al marito, Raimondino diventa il valoroso principe di Lusignano e il matrimonio scorre felice rallegrato dall’arrivo di due bambini. Un sabato però il principe scopre la magia e durante il bagno vede la moglie che si trasforma in serpente. Il tabù è infranto e la vita dei due innamorati distrutta. Il dolore per la scoperta atroce, che lo priva anche della presenza di lei, è uno dei tratti più belli del romanzo. In esso l’Autore, in una prosa gradevole, fatta di cavalleria e di senso fiabesco, ha raccolto per primo la leggenda della donna-serpente, derivata dalle tradizioni popolari del Poitou (storica provincia francese), intorno alla casa dei Lusignano.
Come spiega Vittorio Fincati nelle pagine di apertura dell'opera, l’Autore adatta la favola partendo da un manoscritto del XV secolo. L’aspetto esoterico, più che quello storico, ha suscitato curiosità su questo racconto che ha avuto successo straordinario in tutta Europa. Avere una fata fondatrice della dinastia è stato infatti tema ambito da molte famiglie nobili (tra queste Anjou, Plantageneti, Lussemburgo) e pochi anni dopo l’uscita del libro di Jean d’Arras, la famiglia Parthenay ha commissionato un racconto in versi ad opera di Coudrette. Di certo entrambi gli autori hanno cristianizzato il mito, che si può rintracciare anche in molte fiabe della tradizione europea.
Biographical notes
Jean d’Arras (fine del XIV secolo) fu il bibliotecario del duca di Berry per il quale manoscrisse, nell’inverno del 1393, il presente racconto.