Teorie sociologiche della devianza

Published in Sociologia n. 3/2017 – Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali | A brief exploration of the decoupling of ethical and political life in America
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Anno:
2018
ISBN:
9788849249903
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Ubi ius ibi et iniuria. Questo aforisma giuridico di origine incerta, ma tanto antico da essere diventato proverbiale, ci ricorda che laddove esiste il diritto coesiste l’offesa ad esso. Allo stesso modo si potrebbe affermare, come sintesi dell’argomento che verrà sviluppato, che ove ci sia la norma, lì vi è anche l’allontanamento dalla stessa. Si considera “deviante”, infatti, ogni tipo di comportamento o attività strutturata che diverga dalle norme sociali (o giuridiche) vigenti in un determinato sistema sociale e che violi le aspettative istituzionalizzate di un gruppo, di un’organizzazione o del sistema complessivo. Ma si può anche più semplicemente pensare alla devianza come allontanamento (positivo o negativo) da un criterio di normalità. Il termine è comunque comprensivo di situazioni molto differenziate: rispetto agli usi prevalenti nel linguaggio comune o in quello scientifico, nella tradizione sociologica la parola devianza acquisisce legittimità quando si riferisce all’idea di un individuo che abbandona la “retta” via, alla quale può e deve essere ricondotto. Tutte le definizioni manualistiche hanno un implicito quoziente di relativismo, visto che non si può verosimilmente stilare un elenco universale dei comportamenti devianti, in quanto non tutti i gruppi sociali concordano su ciò che è normale e normativo. Il termine diventa poi discutibile allorché venga usato come sinonimo di criminalità: le norme sociali e giuridiche, variando nel tempo, nei contenuti e nelle sanzioni, non consentono un approccio al comportamento deviante come automaticamente criminale.



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