Description
Obiettivo del presente saggio è quello di fornire alcuni spunti di riflessione sulla possibilità di un approccio interazionista che vada oltre il livello micro-sociologico e che sia rivolto allo studio di aggregati sociali di medie e grandi dimensioni. Herbert Blumer (1937) individua nella capacità dell'uomo di elaborare concetti, interpretare la realtà e definire le situazioni la premessa fondante dell'Interazionismo simbolico. Questo assunto di base colloca la prospettiva interazionista tra gli approcci volti all'analisi ermeneutica del senso dell'azione. Lo studioso interazionista prende quindi in considerazione il processo di elaborazione dei significati che George Herbert Mead (1934/1966) definisce dialogo tra l'io e il me e che Herbert Blumer (1969/2008) chiama auto-indicazione. Si assume inoltre che, se le persone definiscono e incorniciano le situazioni entro schemi concettuali appresi, agiranno in conseguenza di tali schemi e, nell'agire congiunto, costruiranno una realtà che poi percepiranno come oggettiva, preesistente e indipendente da loro (Berger e Luckmann 1969). Dal punto di vista metodologico, in congruenza con le premesse comprendenti, si adottano tecniche di ricerca non-standard (Marradi 2007) quali l'osservazione partecipante, l'intervista in profondità, le storie di vita, i documenti personali. A completamento di questi tratti caratterizzanti, si aggiunge un'altra proprietà specificamente interazionista: una forte inclinazione alla dimensione micro-sociologica. Per questa ragione l'Interazionismo simbolico è tradizionalmente identificato come un approccio psico-sociale. Nonostante ciò, sebbene la vocazione micro degli interazionisti sia innegabile, ci sono studiosi che, pur in congruenza con gli assunti sopra elencati, hanno cercato di andare oltre le relazioni ego-centrate e hanno introdotto concetti di più ampio respiro.