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Nel suo semestrale appuntamento con il restauro la Fondazione Paola Droghetti ha voluto quest'anno scegliere un materiale nuovo, ma non meno interessante degli altri: il tessile, ed in particolare il pizzo. Una scelta attualissima (perché il vestire e tutto ciò che ne consegue è ancora una delle eccellenze del nostro paese) e al tempo stesso antica…
Con la consulenza di Thessy Schoenholzer, una delle maggiori esperte a livello internazionale sul merletto, abbiamo individuato nelle collezioni del Museo Nazionale di Palazzo Venezia un magnifico pizzo del ‘700 necessitante restauro, nella miriade di tessuti e merletti storici qui conservati, tanto preziosi quanto invisibili perché la luce e le polveri ne pregiudicano l'esponibilità al pubblico.
La Fondazione continua cosí nella scelta di focalizzare la sua attenzione sul patrimonio pubblico italiano – a maggior ragione se poco conosciuto – che in questo caso si coniuga con la volontà di attirare il suo pubblico in un museo tanto straordinario quanto ingiustamente poco frequentato Un museo che con una giusta valorizzazione potrebbe diventare un'equivalente del “Victoria and Albert” londinese. Ma Roma, si sa, ha un'offerta museale troppo ricca perché un pubblico frettoloso e spesso distratto vada alla scoperta delle arti decorative, anche se la loro valenza culturale e storica equivale a quella di una statua o di un dipinto.
Come sempre il restauro apre un ventaglio di possibilità di ricerca sia dal punto di vista materico che storico. Abbiamo cosí pensato di evidenziarne alcune raccogliendo intorno al tema del merletto, e degli abiti in generale una serie di sei incontri con studiosi, anche di livello internazionale che mettessero a fuoco particolari aspetti della produzione artistica legata al pizzo.
Una carrellata molto varia che partendo dai costumi medicei della corte di Cosimo I ci ha portato nei conventi veneziani, o presso le corti secentesche del nord Europa, fino al fiorente mercato fiammingo e francese cui attingeva la corte papale fra sei e settecento per gli abiti di pontefici e cardinali. Infatti fino al secolo XIX il merletto non era una prerogativa dell'abito femminile, ma sottolineava il rango anche degli uomini di censo e di potere.
E prima di arrivare al fruitore vediamo bene attraverso i vari interventi raccolti in questo volume quanta parte del mondo maschile (tessitori, mercanti, sarti, scultori, pittori) venisse coinvolta dalla elaborazione, vendita e rappresentazione dei merletti su scala europea.
Un nome per tutti: Jean Baptiste Colbert (figlio non a caso di un mercante di panni) che divenne ministro delle finanze di Luigi XIV. Spaventato dai costi enormi dei pizzi veneziani di cui il giovane Re Sole era appassionato (ne indossò un collo per la sua incoronazione nel 1661) l'oculato Colbert avviò un'industria di pizzi tutta francese con l'aiuto di alcune monache veneziane, del convento delle Zitelle, segretamente trasferite in Francia sfidando i divieti della Serenissima.
Ancora oggi tessuti preziosi e pizzi sono protagonisti delle sfilate di moda italiana, e non solo, come è ben documentato dalle immagini che corredano lo scritto di Stefano Dominella e Bonizza Giordani Aragno.
Abiti dietro i quali ancor oggi si muove un vastissimo indotto e che si affermano(come il pizzo di Bruxelles di cui presentiamo il restauro) come delle vere e proprie opere d'arte.
Dall'introduzione di Angela Negro
Comitato Scientifico della Fondazione Paola Droghetti onlus