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Non basta riformare la politica o la finanza per superare la crisi di rappresentanza che ha investito l’Occidente. La democrazia, sostiene Enrico Grazzini in questo saggio, è destinata a rimanere zoppa se non comprende la sfera economica e il lavoro produttivo. L’autore – partendo dal pensiero della premio Nobel Elinor Ostrom – analizza le esperienze e le proposte relative alle quattro principali forme di democrazia economica: l’autogestione dei beni comuni, come Internet, le risorse ambientali, l’acqua e l’aria, il software libero, le conoscenze; la codeterminazione di stampo tedesco e scandinavo, per cui i lavoratori partecipano con pieni diritti agli organi direttivi delle aziende; le forme di iniziativa diretta (referendum e leggi di iniziativa popolare) dei cittadini in California e in Svizzera; e le iniziative di bilancio partecipato nate a Porto Alegre. Senza la partecipazione dei lavoratori alle scelte economiche, difficilmente l’Europa uscirà dalla recessione in cui versa, scrive Grazzini. In Germania con la Mitbestimmung (codecisione) i dipendenti possono eleggere i loro rappresentanti nel board delle maggiori imprese private e pubbliche. E in Italia? Il quadro è desolante: il dibattito sulla democrazia economica è ancora all’anno zero. Stretto tra conservatorismo liberista e nostalgie stataliste, il nostro Paese non riesce a scrollarsi di dosso il modello autoritario e burocratico di governo dell’impresa. Per responsabilità, anche, di una Sinistra che si accontenta di limitare i danni della crisi senza proporre una alternativa di sistema.