Description
La trasformazione del patrimonio culturale di Venezia, architetture e spazi aperti, musei e singole opere d’arte, fabbriche e mestieri tradizionali, in un giacimento di pietre preziose a disposizione degli investitori si è snodata per alcuni decenni ed è il frutto dell’azione di diversi attori e gruppi di interesse. Ora, la pandemia e la fuga di turisti hanno messo a nudo non una città temporaneamente vuota, ma lo scheletro scarnificato di un organismo privo di vita, dove gli edifici senza abitanti, restaurati per farne degli alberghi, sono però pieni di rendita, più simili a delle casseforti che a delle case. Rileggere alcune tappe e vicende emblematiche di tale processo sembra utile in un momento nel quale, come in occasione di ogni “grande trasformazione”, la ripartenza si tradurrà in ulteriore smantellamento del patrimonio pubblico e recinzioni della proprietà comune.
Biographical notes
Ha insegnato Urbanistica presso lo IUAV di Venezia ed è stata visiting professor all’Università Americana di Beirut. Svolge ricerca indipendente con attenzione ai rapporti tra l’organizzazione fisica e la struttura economica e sociale del territorio. È membro del comitato editoriale della rivista «Open House International». Fra le sue pubblicazioni Venezia Nuova (1983), Spazio e Razzismo (1991), Beirut: guerre di quartiere e globalizzazione (2000).