Description
Con le sue scoperte e le sue decisioni coraggiose e controcorrente si è imposta all’attenzione mondiale. I riconoscimenti internazionali non le mancano: eletta «mente rivoluzionaria» del 2008 dalla rivista americana «Seed», è entrata nella classifica dei 50 scienziati top di «Scientific American» e nel settembre 2011 ha ricevuto il prestigioso Penn Vet Leadership Award, il massimo riconoscimento nel suo settore. Eppure Ilaria Capua, la scienziata che il mondo ci invidia, seppur consapevole dell’importanza dei traguardi raggiunti, non si ritiene un’eroina, una martire votata alla scienza, ma semplicemente una donna che crede fortemente in quello che fa e che, non senza fatica e difficoltà, è stata in grado di sfruttare le opportunità che la vita le ha presentato. Con molta sincerità e una buona dose di ironia racconta che il mestiere del ricercatore non è solo microscopi, stanzette buie e libri, ma può rivelarsi un’avventura intensa ed esaltante.
Ne emerge il ritratto a tutto tondo di una donna al tempo stesso normale e straordinaria, che non si prende troppo sul serio e non ama andare in giro a dire quanto è brava.
Perché brava lo è davvero.
Biographical notes
Ilaria Capua (Roma, 1966) laureata in Medicina Veterinaria all'Università di Perugia, si è specializzata presso l’Università di Pisa e ha conseguito un dottorato di ricerca all'Università di Padova. Dirige il Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. In campo scientifico ha dato un apporto fondamentale allo studio dei virus influenzali, e nel 2000 ha sviluppato diva, la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria, raccomandata oggi da organizzazioni internazionali come OIE, FAO e l’Unione Europea. La sua fama internazionale deriva soprattutto dalla battaglia che ha portato avanti nel 2006 - quando ha deciso di sfidare il sistema depositando la sequenza genetica del primo ceppo africano di influenza h5n1 in un database “open access” anziché in uno ad accesso limitato - in favore della trasparenza dei dati genetici dei virus influenzali per una ricerca più efficiente. Il suo appello è stato raccolto dalle principali organizzazioni internazionali che oggi promuovono la trasparenza e la condivisione delle informazioni. In dieci anni ha trasformato un gruppo di soli sette ricercatori in un'equipe di settantacinque che svolge ricerca nell'ambito di progetti europei e finanziati da altri organismi internazionali.