Description
«Un'indagine davvero innovativa. Chiunque abbia a cuore la libertà non può permettersi di perderla.»
Evan Osnos, vincitore del National Book Award
«Un'ambiziosa analisi giornalistica di come una sorveglianza eccessiva e illiberale si stia espandendo ovunque, e di come debba essere affrontata.»
David Lyon, autore di Gli occhi del virus. Pandemia e sorveglianza
Dove corre il confine tra l’utopia e lo Stato di polizia digitale?
Questo libro prova a tracciarlo. Racconta la storia – incredibile, dettagliata, avvincente – di come il Partito comunista cinese stia costruendo un nuovo tipo di controllo politico, plasmando la volontà popolare attraverso un sofisticato (e spesso brutale) sfruttamento dei dati.
È una storia nata nella Silicon Valley e poi proseguita con la «guerra al terrorismo» americana, ma che adesso si sta svolgendo in modo allarmante nella remota frontiera cinese dell’Asia centrale. Nella regione dello Xinjiang, mentre un movimento di minoranza prova a opporsi al controllo del Partito, i leader cinesi hanno costruito un distopico Stato di polizia: milioni di persone – gli uiguri – vivono costantemente sotto lo sguardo dell’Intelligenza Artificiale gestita dalle forze di sicurezza.
Dall’altra parte del paese, nella città di Hangzhou, il governo sta invece tessendo un’utopia digitale. Qui la tecnologia aiuta a ottimizzare ogni aspetto della vita dei cittadini: dai percorsi del traffico alla sicurezza alimentare, alla risposta alle emergenze. Sono i due lati di una stessa medaglia, seducente e spaventosa: controllo diffuso e repressivo, da un lato; efficienza sicura e capillare, dall’altro.
Gli strumenti di questo straordinario esperimento sociale non riguardano però soltanto la Cina. Il riconoscimento facciale e vocale, le telecamere di sorveglianza, la raccolta di quantità imponenti di dati sugli individui: tutto ciò si è diffuso ovunque, e costituisce un «ambiente» in cui siamo costantemente immersi, sempre di più, e senza esserne del tutto consapevoli.
I pluripremiati giornalisti investigativi Josh Chin e Liza Lin accompagnano i lettori in un viaggio attraverso il nuovo mondo che la Cina sta costruendo, dentro e fuori dai suoi confini. Raccontando le storie di chi è stato colpito dalle ambizioni del Partito, Stato di sorveglianza rivela un futuro che è già in corso, nel quale la libertà e la democrazia, per come le abbiamo conosciute finora, dovranno essere ripensate: quello di una società nuova, costruita attorno all’immenso potere della sorveglianza digitale.
Evan Osnos, vincitore del National Book Award
«Un'ambiziosa analisi giornalistica di come una sorveglianza eccessiva e illiberale si stia espandendo ovunque, e di come debba essere affrontata.»
David Lyon, autore di Gli occhi del virus. Pandemia e sorveglianza
Dove corre il confine tra l’utopia e lo Stato di polizia digitale?
Questo libro prova a tracciarlo. Racconta la storia – incredibile, dettagliata, avvincente – di come il Partito comunista cinese stia costruendo un nuovo tipo di controllo politico, plasmando la volontà popolare attraverso un sofisticato (e spesso brutale) sfruttamento dei dati.
È una storia nata nella Silicon Valley e poi proseguita con la «guerra al terrorismo» americana, ma che adesso si sta svolgendo in modo allarmante nella remota frontiera cinese dell’Asia centrale. Nella regione dello Xinjiang, mentre un movimento di minoranza prova a opporsi al controllo del Partito, i leader cinesi hanno costruito un distopico Stato di polizia: milioni di persone – gli uiguri – vivono costantemente sotto lo sguardo dell’Intelligenza Artificiale gestita dalle forze di sicurezza.
Dall’altra parte del paese, nella città di Hangzhou, il governo sta invece tessendo un’utopia digitale. Qui la tecnologia aiuta a ottimizzare ogni aspetto della vita dei cittadini: dai percorsi del traffico alla sicurezza alimentare, alla risposta alle emergenze. Sono i due lati di una stessa medaglia, seducente e spaventosa: controllo diffuso e repressivo, da un lato; efficienza sicura e capillare, dall’altro.
Gli strumenti di questo straordinario esperimento sociale non riguardano però soltanto la Cina. Il riconoscimento facciale e vocale, le telecamere di sorveglianza, la raccolta di quantità imponenti di dati sugli individui: tutto ciò si è diffuso ovunque, e costituisce un «ambiente» in cui siamo costantemente immersi, sempre di più, e senza esserne del tutto consapevoli.
I pluripremiati giornalisti investigativi Josh Chin e Liza Lin accompagnano i lettori in un viaggio attraverso il nuovo mondo che la Cina sta costruendo, dentro e fuori dai suoi confini. Raccontando le storie di chi è stato colpito dalle ambizioni del Partito, Stato di sorveglianza rivela un futuro che è già in corso, nel quale la libertà e la democrazia, per come le abbiamo conosciute finora, dovranno essere ripensate: quello di una società nuova, costruita attorno all’immenso potere della sorveglianza digitale.
Biographical notes
Josh Chin è vicecapo ufficio del «Wall Street Journal» in Cina. Prima di ottenere questa posizione, si è occupato di politica e tecnologia cinese, sempre per il «WSJ», per oltre un decennio. Ha guidato un team investigativo che ha vinto il Gerald Loeb Award per il giornalismo internazionale nel 2018, per un’inchiesta che denunciava l’adozione pionieristica della sorveglianza digitale da parte del governo cinese. È stato nominato National Fellow del think tank New America nel 2020 e ha ricevuto la Don Bolles Medal, assegnata ai giornalisti investigativi che hanno dimostrato coraggio nel resistere alle intimidazioni. Nato nello Utah, attualmente si divide tra Seoul e Taiwan.
Liza Lin è corrispondente dalla Cina per il «Wall Street Journal», con sede a Singapore. Ha fatto parte del team che ha vinto il Loeb Award nel 2018 e ha contribuito a un’inchiesta sul leader cinese Xi Jinping che è stata finalista al Pulitzer nel 2021. Prima del «Wall Street Journal», Lin ha lavorato nove anni presso «Bloomberg News» e «Bloomberg Television».