Description
Una conseguenza positiva delle recenti «guerre della scienza» è stata quella di offrire a coloro che studiano la scienza la possibilità di riflettere sui presupposti epistemologici della propria attività e di individuare alcuni punti di partenza comuni. Dato che non vi è alcuna possibilità di accedere direttamente alla realtà, bisogna tenere conto del fatto che ogni nostra conoscenza è mediata dal nostro apparato percettivo, dagli apparati tecnologici che utilizziamo e, soprattutto, dal linguaggio. Il linguaggio – naturale o matematico che sia – non è il mondo bensì un prodotto della nostra forma di vita nel quale sono depositate le categorie che abbiamo costruito per (tra le altre cose) descrivere il mondo. Ogni nostra conoscenza presuppone cornici cognitive che la organizzano e danno significato al flusso della realtà; questi frames possono essere interpretati come la versione non universale e storicizzata dell’idea kantiana di condizioni trascendentali della conoscenza. A partire da questi presupposti filosofici e dalla discussione di due case studies – il caso Baltimore negli USA e il caso della «memoria dell’acqua» in Europa – il libro affronta il tema della frode scientifica e di altre forme di devianza nella scienza, cercando di spiegare in quale modo nella scienza si costruiscano o, eventualmente, si «decostruiscano» i fatti scientifici.