Description
Alla fine degli anni settanta, dopo un periodo intenso di lotte e di elaborazioni teoriche, sembrava perdere vigore la sfida politica del femminismo, e di difficile realizzazione l’equilibrio tra trasformare se stesse e modificare la realtà esterna. Si delinearono così risposte diverse: da un lato l’approfondimento della ricerca teorica sulla «differenza sessuale», dall’altro l’impegno nella cultura, nel ripensamento dei saperi, mantenendo sempre al centro la pratica femminista. Si moltiplicarono allora le «istituzioni» di donne: centri di documentazione e di studio, librerie, riviste, università delle donne, women’s studies. Nella nuova «geografia» del femminismo italiano che si stava delineando, una delle esperienze più interessanti fu quella del Centro culturale Virginia Woolf di Roma, che non proponeva una critica radicale alla cultura ma intendeva «ripensarla» attraverso lo sguardo femminista e cambiare segno alla produzione intellettuale. Annabella Gioia in questo libro ripercorre le vicende di quella stagione, sottolineandone gli aspetti più innovativi, ma anche le problematiche. Il Virginia Woolf divenne un luogo fervido di studi e ricerche, nonché di incontri e dibattiti che attirarono da tutto il mondo le personalità di punta del femminismo di quegli anni: da Luce Irigaray a Christa Wolf. È qui che prese forma quella che sembrava un’utopia: da un’idea di Michi Staderini, nacque l’Università delle donne, fondata da dieci femministe determinate a offrire a tutte le donne la possibilità di dare campo libero ai propri interessi conoscitivi e trovare forza e riconoscimento reciproco. Uno spazio fisico in cui vivere insieme, discutere e «riattraversare» quella cultura che le aveva escluse, partendo dalla consapevolezza che all’origine di quella esclusione c’era una divisione dei linguaggi e delle discipline da superare: da qui l’ambizione di ricostruire un sapere complessivo senza escluderne l’esperienza, da qui il sogno di praticare una «mescolanza» di saperi. L’Università come luogo di donne e di libri, ma prima di tutto un luogo di esperienza. Fu una storia lunga diciassette anni, intensa, ricca di elaborazioni e di iniziative originali. Una storia unica che, proprio perché profondamente eterogenea e alimentata dal confronto, fu percorsa da contrasti e dissidi ma si offre anche come un’eredità vitale e feconda per le generazioni future.
Biographical notes
Annabella Gioia, già docente di storia e filosofia nei licei, è stata dal 1996 al 2006 direttore scientifico dell’Istituto romano per la storia della Resistenza (Irsifar), del cui Direttivo continua a far parte. Le sue ricerche, che hanno riguardato in particolare l’insegnamento della contemporaneità, la storia delle donne e il rapporto tra storia e memoria, hanno portato a diversi saggi, fra cui il volume Donne senza qualità. Immagini femminili nell’Archivio storico dell’Istituto Luce (Franco Angeli, 2010).