Description
Fra una decina d’anni quasi il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà in insediamenti urbani. Le nostre città hanno un impatto drammatico sull’equilibrio ecologico del pianeta: si sgretolano sempre più in periferie diffuse che erodono il paesaggio naturale e sprecano inutilmente risorse ed energia. Per ampliarle e modernizzarle stiamo distruggendo sconsideratamente gran parte di un patrimonio edilizio che potremmo riusare.
In questo piccolo manifesto del costruire sostenibile, l’architetto e studioso Vittorio Magnago Lampugnani identifica il problema degli sprechi edilizi nell’ideologia dell’usa e getta che ha contagiato le città, tracciando una storia del consumismo architettonico, svelando l’invenzione dell’obsolescenza programmata e rivisitando l’euforia modernista del provvisorio. Ma la storia dell’architettura è ricca anche di splendide lezioni di parsimonia, riuso e resilienza, che non rinunciano all’ideale dell’impegno sociale e della bellezza.
Oggi l’industria edilizia è responsabile di buona parte delle emissioni di anidride carbonica che minacciano il clima, il pianeta e la nostra stessa esistenza, spreca risorse preziose e produce un’enorme quantità di rifiuti. Case passive, facciate verdi e certificazioni energetiche non sono che palliativi, se non addirittura greenwashing. Si impone un’inversione di rotta. Dobbiamo costruire meglio, in maniera più durevole, perché solo un edificio che dura nel tempo usa bene i mezzi che ha consumato. Dobbiamo costruire più densamente, «stringerci», perché solo una città compatta è veramente sostenibile. Ma soprattutto dobbiamo usare più assennatamente ciò che abbiamo, ridimensionare le nostre pretese e costruire meno, molto meno, quasi niente.
In questo piccolo manifesto del costruire sostenibile, l’architetto e studioso Vittorio Magnago Lampugnani identifica il problema degli sprechi edilizi nell’ideologia dell’usa e getta che ha contagiato le città, tracciando una storia del consumismo architettonico, svelando l’invenzione dell’obsolescenza programmata e rivisitando l’euforia modernista del provvisorio. Ma la storia dell’architettura è ricca anche di splendide lezioni di parsimonia, riuso e resilienza, che non rinunciano all’ideale dell’impegno sociale e della bellezza.
Oggi l’industria edilizia è responsabile di buona parte delle emissioni di anidride carbonica che minacciano il clima, il pianeta e la nostra stessa esistenza, spreca risorse preziose e produce un’enorme quantità di rifiuti. Case passive, facciate verdi e certificazioni energetiche non sono che palliativi, se non addirittura greenwashing. Si impone un’inversione di rotta. Dobbiamo costruire meglio, in maniera più durevole, perché solo un edificio che dura nel tempo usa bene i mezzi che ha consumato. Dobbiamo costruire più densamente, «stringerci», perché solo una città compatta è veramente sostenibile. Ma soprattutto dobbiamo usare più assennatamente ciò che abbiamo, ridimensionare le nostre pretese e costruire meno, molto meno, quasi niente.
Notes biographiques
Vittorio Magnago Lampugnani, nato a Roma nel 1951, si è laureato in Architettura a Stoccarda dove ha conseguito anche il dottorato. Ha contribuito in maniera decisiva all’IBA di Berlino negli anni ottanta, ha diretto la rivista «Domus» a Milano e il Museo Tedesco di Architettura a Francoforte. È stato titolare della cattedra di Storia della progettazione della città del Politecnico di Zurigo dal 1994 al 2016. Dirige uno studio professionale a Zurigo, «Baukontor Architekten», insegna regolarmente alla Graduate School of Design di Harvard e scrive per la «Neue Zürcher Zeitung». Molti dei suoi libri sono considerati testi fondamentali e tradotti in varie lingue. Per Bollati Boringhieri ha pubblicato Frammenti urbani. I piccoli oggetti che raccontano le città (2021).