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Il progetto democratico, ossia quello di un autogoverno di cittadini eguali attraverso meccanismi che garantiscano a tutti una reale partecipazione alla costruzione della "volontà generale" e che impediscano forme di prevaricazione della volontà privata di uno o pochi sugli altri, è per sua stessa definizione mai pienamente compiuto e sempre a rischio. Nella lunga linea continua cha va da una piena democrazia (impossibile nella realtà ma definibile asintoticamente) fino ai regimi totalitari, esistono molteplici combinazioni nelle quali tratti autoritari possono coesistere in proporzioni diverse in una cornice democratica. E proprio questi tratti autoritari – che, come fiumi carsici, scorrono magari per molti anni sottotraccia in regimi democratici – rappresentano il più grande pericolo per quello che è il progetto politico più ambizioso che l'umanità abbia mai messo in campo.
In questo numero di MicroMega, il terzo dall'inizio dell'anno, abbiamo chiesto a giornalisti, studiosi, esperti di area e politologi di aiutarci a capire in che modi, nelle diverse zone del mondo, la democrazia si sta dimostrando nemica di sé stessa, cioè permeabile a forme di autoritarismo quando non di totalitarismo, e in alcuni casi insensibile alle richieste di giustizia e protagonismo sociali che provengono dalla gente comune.
Dalla Turchia di Erdoğan di cui ci parla Kerem Öktem all'Ungheria di Orbán raccontata da Balázs Majtényi, dall'autoritarismo "soft" serbo alla deriva teocratica e razzista in Israele illustrati da due reportage del giornalista Christian Elia, passando per il nazionalismo polacco analizzato da Daniele Stasi e giungendo all'Italia oggi governata da chi non si riconosce nella pregiudiziale antifascista, come spiega Pierfranco Pellizzetti, sono tanti, troppi, gli esempi di regimi più o meno democratici che hanno imboccato o stanno imboccando pericolose derive autoritarie. Ci sono però anche laboratori in piena attività che suscitano grandi speranze ma i cui esiti sono ancora incerti: riuscirà la rivoluzione delle donne iraniane – si chiede Maryam Namazie – a trovare uno sbocco davvero democratico senza riconsegnarsi a un passato già visto? La fragile democrazia che l'Ucraina stava costruendo prima dell'invasione russa, di cui ci parla il giornalista Francesco Brusa, sarà capace di continuare il suo percorso dopo la guerra senza lasciarsi tentare dalle sirene nazionaliste e scioviniste? La generazione Naija in Nigeria, raccontata da Chiara Piaggio, riuscirà finalmente ad affrancarsi dal suo passato postcoloniale e a costruire una democrazia piena nel più grande Paese africano?
E ancora: qual è il ruolo del giornalismo nella difesa ma anche nei guasti della società democratica? In un'ampia e plurale tavola rotonda, il direttore Paolo Flores d'Arcais si confronta su questo grande tema con una nuova generazione, studenti e studentesse della Scuola di giornalismo Lelio Basso di Roma.