Description
«Come nella tragedia antica, Leviatan è dominato da una forza alla quale siamo costretti a dare il nome di destino»
Pietro Citati
«Conosce il Leviatan di Green? Io l'ho letto una decina di volte»
Hermann Hesse
«Non sono molti i libri che possono rivendicare con tanta autorità la semplice e imperscrutabile ragione della poesia. Il Leviatan di Green è uno di questi»
Carlo Bo
Un destino ineluttabile e tragico incombe sulle vite dei personaggi di questo romanzo di Julien Green. Un elemento li accomuna e li porta alla disperazione: la necessità imperante di seguire le proprie passioni personali. Questo bisogno genera in tutti una grande impazienza e conduce fatalmente a esiti funesti: il protagonista Paul Guéret vive un amore tormentato per Angèle, giovane lavandaia e stiratrice; la signora Londe è posseduta da un’irrefrenabile curiosità; la signora Grosgeorge, ricca ma ormai sul finire della vita, da una demoniaca frenesia di rivalsa. Tutti sono dei prigionieri, rinchiusi per loro stessa volontà in una prigione che si sono costruiti da soli, con l’unico scopo di soddisfare i propri desideri e l’ansia di non riuscirci: Leviatan è la rappresentazione tetra e allucinata di questo carcere immateriale, un luogo buio e impenetrabile in cui si trova a vivere ogni personaggio. Come scrive Giorgio Montefoschi nell’introduzione: «Julien Green – e qui è la sua grandezza – è uno scrittore ‘forte’ che non conosce mezze misure. Dio c’è o non c’è. La legge morale – anche, e soprattutto, in assenza di Dio – o è riconosciuta o non è riconosciuta. Le trappole nelle quali vivono o cadono i suoi personaggi, pur avendo assai spesso i segni del decoro, hanno pareti d’acciaio».
Pietro Citati
«Conosce il Leviatan di Green? Io l'ho letto una decina di volte»
Hermann Hesse
«Non sono molti i libri che possono rivendicare con tanta autorità la semplice e imperscrutabile ragione della poesia. Il Leviatan di Green è uno di questi»
Carlo Bo
Un destino ineluttabile e tragico incombe sulle vite dei personaggi di questo romanzo di Julien Green. Un elemento li accomuna e li porta alla disperazione: la necessità imperante di seguire le proprie passioni personali. Questo bisogno genera in tutti una grande impazienza e conduce fatalmente a esiti funesti: il protagonista Paul Guéret vive un amore tormentato per Angèle, giovane lavandaia e stiratrice; la signora Londe è posseduta da un’irrefrenabile curiosità; la signora Grosgeorge, ricca ma ormai sul finire della vita, da una demoniaca frenesia di rivalsa. Tutti sono dei prigionieri, rinchiusi per loro stessa volontà in una prigione che si sono costruiti da soli, con l’unico scopo di soddisfare i propri desideri e l’ansia di non riuscirci: Leviatan è la rappresentazione tetra e allucinata di questo carcere immateriale, un luogo buio e impenetrabile in cui si trova a vivere ogni personaggio. Come scrive Giorgio Montefoschi nell’introduzione: «Julien Green – e qui è la sua grandezza – è uno scrittore ‘forte’ che non conosce mezze misure. Dio c’è o non c’è. La legge morale – anche, e soprattutto, in assenza di Dio – o è riconosciuta o non è riconosciuta. Le trappole nelle quali vivono o cadono i suoi personaggi, pur avendo assai spesso i segni del decoro, hanno pareti d’acciaio».
Notes biographiques
Julien Green (1900-1998), nato a Parigi da genitori americani protestanti, fu volontario nell’esercito francese durante la Prima guerra mondiale. Nel 1916 si convertì al cristianesimo. Congedato nel 1919, compì gli studi negli Stati Uniti, per poi tornare in Francia, dove avviò un’intensa produzione letteraria che comprende scritti autobiografici, opere teatrali e soprattutto romanzi: dai primi Mont-Cinère (1926), Adrienne Mesurat (1927) e lo stesso Leviatan (1929), storie di passioni tormentate calate in soffocanti ambienti di provincia, fino a I paesi lontani (1987) e Il canto del Sud (1995). Celebre anche il suo Diario (1938-1955).