Description
La fame di Venere è il secondo di sette piccoli volumi in cui la Fazi ripubblicherà, con una nuova traduzione, la raccolta completa dei Saggi di Montaigne. In questo agile volume sono stati raccolti alcuni saggi che il grande filosofo francese scrisse negli ultimi anni della sua vita e in cui si tratta dell’amore, non quello ideale ma quello erotico. È un argomento dal quale Montaigne può prendere le giuste distanze, se non altro perché il suo corpo non riuscirebbe ormai più, come dice lui, a rendere giustizia alle sue voglie.
Nei versi dell’Eneide da cui prende le mosse, Montaigne critica Virgilio per averci presentato una Venere un po’ troppo eccitata per essere la moglie di Vulcano. L’istituto del matrimonio non sembra tollerare gli amplessi estenuanti. Per altro verso, l’attrazione erotica è troppo potente per piegarsi ai vantaggi economici e sociali o ai calcoli razionali tipici del matrimonio. L’amore prevede solo la presenza di due persone che si fondono l’una nell’altra in una osmosi che è essenzialmente fisica. Il matrimonio implica sempre un terzo elemento che unisce gli sposi: l’interesse, la legge, il buon senso e addirittura una persona in grado di combinarlo. Così «applicare al matrimonio gli istinti e le follie della licenza amorosa mi sembra quasi un incesto».
Montaigne identifica dunque l’amore con il sesso e lo caratterizza come un’alleanza tra immaginazione e corpo che torna a tutto vantaggio di quest’ultimo. Secondo Montaigne, l’amore erotico è una passione bassa, passeggera, volubile e contingente. Venere è una dea volubile, incostante e insaziabile. Non si fa problemi ad abbandonare un marito per assaggiare di nuovo l’intensità di un rapporto sessuale. La sua fame non può essere soddisfatta, «sopravvive anche quando si è sazi» e «sconfina di continuo».
Notes biographiques
Michel Eyquem nacque nel 1533 a Bordeaux, da una ricca famiglia da poco insignita del titolo nobiliare di “signori di Montaigne”. Educato, secondo l’uso dell’umanesimo, nel culto della classicità – e per indole incline allo stoicismo –, dopo gli studi, a ventiquattro anni, esercitò per i successivi tredici come consigliere presso il Parlamento di Bordeaux, città della quale più tardi venne eletto sindaco. Apprezzato e conosciuto diplomatico, spesso in missione per conto del re, visse nel sanguinoso periodo delle guerre di religione, uno dei più bui dell’intera storia francese, tanto che a trentasette anni, amareggiato, decise di abbandonare la vita mondana per ritirarsi nel suo castello – in particolare nella sua tour de la librairie, la ‘torre della libreria’ –, dove rimase a meditare, studiare e scrivere. Morì nel 1592.
I suoi Saggi, pubblicati per la prima volta nel 1580, sono unanimemente considerati una pietra miliare della letteratura occidentale e – avendo ispirato, tra le altre, personalità come Nietzsche ed Emerson, Rousseau e Proust – hanno avuto una profondissima influenza nella storia del pensiero europeo.
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