Description
Nel 1999, ultimata la stesura di Harmonia Cælestis, Péter Esterházy chiede di poter accedere a documenti segreti per sapere se, tra gli anni sessanta e ottanta, i servizi ungheresi l’abbiano mai sorvegliato. Con agghiacciante sbalordimento trova quattro fitti e densi dossier che gli rivelano una verità sconvolgente. Riconosce immediatamente la calligrafia, sono scritti da suo padre, l’eroe di Harmonia Cælestis, tra il 1957 e il 1980, e riportano notizie personali su varie figure dell’aristocrazia ungherese, oltre ai commenti di alcuni dirigenti dei servizi segreti sul lavoro d’informatore svolto dal padre e le indicazioni su cosa chiedere e chi interrogare. Edizione corretta è una specie di diario, in cui l’autore-figlio riporta brani tratti dai dossier, scritti in rosso e commentati in nero, con i suoi pensieri, il suo stupore, l’amore per il padre e il senso di delusione, forse di odio, che prova dopo avere scoperto che per vent’anni l’amato genitore era stato una spia… La scrittura, lo stile di Esterházy (quel suo giocare con i tempi dei verbi, con lo stesso lettore), la struttura del libro (un diario che ripercorre, visivamente, il passato e analizza il presente), il suo mettersi a nudo di fronte al tradimento del padre pongono il lettore davanti a un puzzle affascinante e complesso che, quasi per magia, lo trascina attraverso le pagine suscitandogli non solo interesse ma anche partecipazione al dramma morale che sconvolge la vita dell’autore. Oltre al narrare la sua vicenda personale, il libro offre naturalmente anche un quadro della situazione politica e soprattutto umana dell’Ungheria post-1956, chiusa al mondo occidentale; un ritratto carico di morte e carcere, di famiglie disperse, di patrimoni svaniti, ma anche di amore per la patria e fierezza della propria “ungheresità”.“Un sussulto attraversa l’Ungheria: Péter Esterházy scopre i dossier, gli atti, gli scritti, i documenti segreti sull’attività d’informatore del padre.”Süddeutsche Zeitung“Un’altra pagina eccellente della letteratura mondiale.”Frankfurter Allgemeine Zeitung