Description
«La laicità, pilastro inamovibile della democrazia moderna, non deve temere la dimensione pubblica del pluralismo religioso, ma organizzarla rafforzando l’autonomia tra Stato e religioni e il carattere non totalitario dello Stato: pensare di confinare ancora la fede nel privato dei cuori non soltanto è illusorio ma rischierebbe di indebolire proprio la sfera pubblica democratica».
Al centro del libro sono i rapporti di contrapposizione, di scontro, ma anche di interlocuzione e di incontro, che gli esponenti del pensiero politico «laico» hanno maturato in Italia nei confronti del mondo cattolico, nel corso di una lunga storia, originata dalle particolari condizioni con cui si realizzò l’unificazione nazionale. Fu proprio il tema della rappresentanza politica dei cattolici a costituire, fin dall’inizio, un problema specifico della politica italiana. Il volume si apre con un excursus storico sulla fase risorgimentale e la successiva età liberale: sono rievocate la lungimiranza di Cavour, che impostò le relazioni tra lo Stato e la Chiesa in modo coerente con gli approdi allora più avanzati del liberalismo europeo; l’idea di una religione laica propugnata da Mazzini, in difesa di un ideale di emancipazione democratica delle classi lavoratrici, e fatta oggetto di aspre polemiche dal versante anarchico e socialista; la forte impronta laicista del nostro positivismo scientista, che condizionò la cultura del nascente Partito socialista; fino ad arrivare ad Antonio Gramsci, il pensatore che più di ogni altro affrontò un’analisi della presenza e del significato della religione cattolica nel contesto della politica italiana del tempo. Nel secondo dopoguerra, con l’avvento di un partito cattolico divenuto ben presto il più grande, il termine «laico» è stato utilizzato, più che per definire una separazione delle sfere di competenza, per designare una parte dello schieramento politico, chiusa nel mezzo tra comunisti e cattolici. Bisognerà attendere gli anni settanta per registrare un cambiamento netto nelle elaborazioni del Psi sulla questione cattolica, influenzato dall’ingresso nel gruppo dirigente di personalità di formazione cattolica provenienti in particolar modo dalle Acli. Queste novità avrebbero potuto rappresentare l’occasione per realizzare un’alternativa di governo del paese, ma la guerra politica che si scatenò negli anni ottanta tra comunisti e socialisti fece venir meno questa prospettiva. Solo la caduta del Muro, e la fine dei comunismi, ha consentito, negli anni novanta, la nascita a sinistra di un partito autenticamente laico, formato con pari dignità da credenti e non credenti, nel quale per la prima volta tutti i riformisti hanno potuto provare a costruire uno scenario politico condiviso. È una strada ancora lunga e complessa, come dimostrano anche gli esiti più recenti della discussione sui temi dell’orientamento etico e ideale. Ma il rinnovamento della sinistra democratica in Italia ha bisogno, in una prospettiva laicamente matura, dell’apporto critico di tutte le sue componenti ideali.
Notes biographiques
Vannino Chiti, dirigente prima del Partito comunista, poi dei Democratici di sinistra e del Partito democratico, è stato presidente della giunta regionale toscana dal 1992 al 2000, quando è entrato a far parte del governo Amato, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Eletto nel 2001 alla Camera dei deputati, dal 2006 al 2008 è ministro per i Rapporti con il Parlamento e le Riforme istituzionali. È stato vicepresidente del Senato e attualmente è presidente della Commissione per le politiche dell’Unione Europea.