Descripción
Collana Helicona di Monografie di Storia dell'Arte a cura di Marco Gallo
In uno scomparto di predella della Madonna del Pergolato, venduta nel 1447 da Giovanni Boccati alla confraternita dei Disciplinati di Perugia, il personaggio che sta puntando la lancia alle spalle di Cristo, percuotendolo e incitandolo a camminare, porta sul petto un grosso scorpione nero, che campeggia su una vistosa casacca gialla: lo scorpione è il simbolo del popolo ebraico, il giallo è per eccellenza il colore dell’infamia. Grazie a questi e ad altri attributi, come ad esempio il naso adunco, il cappello a punta, il segno giallo, la scarsella da usuraio, il tallit o la lunga barba, è possibile identificare con chiarezza nella pittura tra ‘400 e ‘500 la figura dell’ebreo, effigiato in genere in modo peggiorativo, talora con tratti del volto deformi e ripugnanti, mentre compie gesti oltraggiosi nei confronti della Cristianità o mentre riceve un’esemplare punizione per la sua azione profanatoria.
Questo libro illustra una serie di soggetti iconografici antiebraici, diffusi su un territorio che solo orientativamente coincide con le attuali regioni Umbria e Marche. Analizzate nei loro contesti e per la loro funzione d’uso, tali fonti iconografiche divengono uno straordinario documento, finora scarsamente utilizzato, che permette di indagare come gli ebrei e l’ebraismo fossero guardati e interpretati dalla prospettiva cristiana. Dietro l’origine e lo sviluppo di questi soggetti iconografici c’è in genere un’acquisizione di ordine dottrinale, morale o economico, che deve essere promossa e difesa. L’ebreo diviene dunque l’incarnazione paradigmatica dell’incredulità e dell’alterità religiosa, utile a risolvere problemi interni al cristianesimo e a definirne la forza identitaria. L’avversario fittizio ritratto nell’immagine rimanda però immediatamente alle reali collettività giudaiche che, spesso soggette a rigide prescrizioni, abitano le città interessate dalla «pittura antiebraica».
GIUSEPPE CAPRIOTTI è ricercatore di Storia dell’arte moderna presso l’Università degli Studi di Macerata, dove insegna Iconografia e Iconologia e Storia delle immagini. Si è principalmente occupato di problemi di iconografia sacra e profana, di fortuna dell’Antico nell’arte moderna, di scultura e intaglio lignei, di pittura antiebraica e antiturca, di pittura e scultura del Risorgimento. Oltre ad aver lavorato su diversi artisti marchigiani del Rinascimento, ha pubblicato studi su Vittore Crivelli, Pintoricchio, Lorenzo Lotto, Caravaggio, Domenichino e Mattia Preti. Ha recentemente pubblicato L’alibi del mito. Un’altra autobiografia di Benvenuto Cellini (Genova 2013) e la ristampa anastatica Le Trasformationi di Lodovico Dolce. Il Rinascimento ovidiano di Giovanni Antonio Rusconi (Ancona 2013).