Descripción
Da De Quincey a Baudelaire, da Artaud a Huxley, fino a Michaux e Burroughs, la droga è un tema fondamentale per molti scrittori degli ultimi due secoli. Ai giorni nostri questa tradizione si confonde con il mito un po’ usurato dell’artista trasgressivo, della rockstar che nella droga cerca l’ispirazione o l’oblio. In realtà, proprio nella tradizione letteraria si trovano alcune radici di quella complessa costruzione culturale che si nasconde dietro l’odierna idea di droga come di una sostanza estranea, minacciosa ma anche seducente. È un’idea così radicata da resistere a tutti gli approcci più «scientifici» o «oggettivi», tant’è che molti degli odierni discorsi sulla droga appaiono la riedizione sbiadita di quanto scrisse Baudelaire nei Paradisi artificiali. In letteratura l’e-sperienza della droga è stata l’occasione privilegiata per il rovesciamento della razionalità dominante, per l’emergere dell’inconscio, del «regno dell’illogico». Di questo universo letterario il saggio di Francesco Ghelli indaga a fondo tutto quanto va a costituirlo: la regressione infantile, l’esplorazione della follia, l’estasi mistica, la vertigine allucinatoria, la dilatazione del tempo e dello spazio, il delirio interpretativo, le metamorfosi grottesche. Dai sogni dei Romantici fino alle realtà virtuali del cyberpunk, la rappresentazione della droga ci permette di osservare le sottili trasformazioni dell’immaginario moderno e postmoderno.Ulisse e i Lotofagi: la droga fuori dall’OccidenteIn effetti, fa impressione come l’odierno discorso sulla droga sia una lunga variazione sul tema dei Paradisi artificiali, come in molti si ritrovino, loro malgrado, a ripetere ancora le argomentazioni di Baudelaire sulla droga asociale, nemica della volontà e del lavoro. Da Baudelaire la critica della droga è poca cosa, un misero surrogato, o è una tentazione irresistibile, capace di asservire chiunque dopo una sola esperienza? E ancora, il drogato è un miserabile, schiavo del bisogno, o è qualcuno che ha raggiunto la pace dei sensi, l’assoluta autarchia, sottraendosi come i Lotofagi di Ulisse a tutti i dolorosi imperativi della civiltà? Spesso proprio la critica ha costruito il paradiso artificiale, ha esaltato la beatitudine del drogato quasi per sottolineare il diabolico potere di seduzione della droga, la sua maligna minaccia. Come nel caso del diavolo, proprio gli esorcisti si sono rivelati talvolta i migliori apologeti del male…(p. 26-27)