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A cosa ci riferiamo quando parliamo di sport? E come ne parliamo? Quando diciamo "educazione fisica", per esempio, intendiamo le due ore settimanali con cui la scuola si lava la coscienza oppure la formazione di un cittadino che impara il rispetto dell'avversario? Lo sport è cultura, ma per affermare questo principio, nella realtà servono un patto morale collettivo e un piano strategico di business. Sì, business, perché di questa parola non si può avere la paura ipocrita dietro la quale lo sport nasconde le proprie opacità.
È il momento di sciogliere le situazioni ambigue, dando spazio a competenze e passione, rigorosamente in quest'ordine. Flavio Tranquillo analizza gli ostacoli che impediscono allo sport di diventare un vero bene pubblico e suggerisce una proposta per un futuro in cui fare sport diventi un diritto per tutti e una componente dello sviluppo economico del Paese.
"Lo sport di domani "delinea uno scenario in cui sono finalmente chiari i ruoli di Stato, privati, atleti, federazioni e leghe. Perché ripensare il mondo dello sport non è solo possibile, ma necessario.
Lo sport italiano è fortissimo sulla programmazione, ma frana sulla pianificazione strategica; fa molto e bene, ma si è scordato di decidere perché lo fa. Per questo è necessaria una scossa.