Description
Il quadro che ne esce è realistico fino alla brutalità. La giustizia italiana non funziona perché programmata per non funzionare. Non è vero che i poteri forti vogliono una magistratura efficiente: la preferiscono inefficiente, lenta e politicizzata. Basta leggere queste cronache di INGIUSTIZIA quotidiana. Assassini, ladri, bancarottieri, mafiosi: più la fanno grossa, meglio è. Ammazzi la moglie? Con 5 anni te la cavi. Rubi miliardi? Prescrizione assicurata. La legge e i suoi cavilli sono dalla tua. Intanto in prigione ci vanno gli altri (l’80 per cento tossicodipendenti e immigrati). La lottizzazione corporativa certo non aiuta. Parola di magistrato. Alla fine il risultato è che il 95 per cento dei delitti rimane impunito. Allora non è più solo una questione di giustizia, qui è in gioco la democrazia.
Biographical notes
Bruno Tinti è un ex magistrato, giornalista e scrittore. Entrato in magistratura pochi giorni dopo aver compiuto 25 anni, prende subito servizio a Torino. Dopo qualche anno in tribunale, diviene prima giudice istruttore e poi pubblico ministero, ruolo che continua a svolgere fino a quando lascia la magistratura. Nel 1982 comincia a occuparsi di reati tributari, societari e fallimentari; coltiva questa specializzazione per tutta la sua vita professionale e infatti, come procuratore aggiunto, è a capo del pool specializzato in diritto penale dell’economia. In questo settore si occupa di indagini di rilevante spessore, tra cui quelle relative al caso Telekom Serbia. Si specializza anche in informatica giudiziaria ed è, dal 1995 al 2008, referente informatico per il ministero della Giustizia presso la Corte d’appello di Torino. Tra il 1995 e il 2000 è professore a contratto presso l’Università del Piemonte Orientale, dove tiene un corso di Diritto penale tributario. Tra il 1992 e il 2000 è presidente, in successione, di tre Commissioni ministeriali per l’elaborazione di una nuova legge penale tributaria che sostituisca la legge 516/82; il parlamento italiano approverà la nuova legge con modifiche tali da snaturarne completamente l’impianto, sì da renderla del tutto inefficiente. Dopo aver pubblicato "Toghe rotte" (Chiarelettere, 2007), lascia la magistratura nel dicembre 2008 e scrive "La questione immorale"(Chiarelettere, 2009). Dal 2009 è collaboratore stabile de «il Fatto Quotidiano», dove tiene una rubrica settimanale, Giustamente, e pubblica articoli in materia di giustizia e politica. Nel 2012, ha pubblicato per Chiarelettere "La rivoluzione delle tasse".