Description
L'umorismo è un atteggiamento che, in virtù di una fiducia più profonda, riconosce, in mezzo alle assurdità e alle debolezze spesso curiose della vita umana, una sorta di velata amabilità. È di questo ‘umorismo' di Dio su e con gli esseri umani che il libro di Giona, questa meravigliosa fiaba biblica, dà testimonianza.
PREFAZIONE
Il libretto di Giona appartiene senza dubbio alla letteratura universale, non solo in virtù della sua qualità letteraria, ma anche per il suo contenuto. Non vi è figura profetica della Bibbia che, come l’uomo Giona, si identifichi col programma e il compito di portare Dio a tutti i popoli senza esclusione alcuna. Nella Bibbia, in genere, non è raro che si parli di Dio in modo molto ristretto, alla maniera di una rigida fede nazionalistica nell’elezione. Il libretto di Giona pensa e sente in termini universalistici. Nella corrente del cosiddetto Antico Testamento esso rappresenta una delle più importanti correzioni nei confronti di qualsiasi restrizione teologica. Non da ultimo, il libro di Giona è parte della letteratura universale anche perché non si vincola a un’epoca determinata.
Le figure profetiche storiche, in genere, vivono molto riferite al loro tempo, sono talmente intrecciate con le problematiche di un dato periodo che quanto esse affermano solo con difficoltà si può far uscire da un determinato orizzonte storico, allo stesso modo in cui, durante una bufera, un albero ben piantato può distribuire i suoi semi solo a una certa distanza. Il libro di Giona, invece, è una leggenda, una fiaba, un mito, è poesia pura. Vuole narrare qualcosa che sempre è e sempre sarà, qualcosa che mai fu perché nuovo accade in continuazione.
Spesso i teologi sono stati costretti – e spesso si sono costretti da soli – a intendere la Bibbia ‘storicamente’ (historisch), passo per passo. Le discussioni sul ‘brutto fossato’ che separa fatti e finzioni non si sono esaurite neppure oggi. Come si deve intendere, tanto per fare un esempio, quando la Bibbia, in Gen 3, racconta dello smarrimento dell’essere umano che fu cacciato dal paradiso del mondo? La ‘storia del peccato originale’ è un racconto di un Adamo storico, o è una parabola sulla natura umana? Come bisogna intendere le cose, quando il Nuovo Testamento (Mt 12,40; 16,4) prende la figura di Giona come segno della morte e risurrezione di Gesù? Bisogna pensare, allora, che l’apertura del sepolcro il mattino di Pasqua, in Mc 16,1-8, sia avvenuta storicamente come un dato di fatto nello spazio e nel tempo? Ed è in questo che consiste la fede cristiana? Oppure, anche la storia di Pasqua, come alcuni spaventati ‘ortodossi’ sono soliti chiedere, è ‘soltanto un’immagine’? Ma se essa non deve essere un’immagine, in che modo è storico, allora, il grande pesce che il Signore procurò per inghiottire Giona? Ancora negli anni Trenta alcuni studiosi di teologia fondamentale nella chiesa di Roma potevano temere per la loro cattedra se, in tutta la zoologia, non sapevano scovare un pesce che avrebbe potuto inghiottire Giona.
Non vi è pescecane abbastanza grosso per il ‘miracolo’ di Giona, e una balena ha una gola troppo piccola perché le possa riuscire il gioco di bravura di ingoiare un uomo per poi risputarlo fuori vivo. E anche se non ci fossero difficoltà di questo calibro, il libro di Giona ci imbandirà ancora altre storie incredibili, come, per esempio, l’arbusto di ricino che nel volger di una notte divenne così alto da poter spandere ombra sulla testa del profeta – ogni bambino, a sentire ciò, si ricorda della pianta con cui il barone di Münchhausen sale sulla luna; ma c’è un però: ed è che ora la storia non si trova nelle avventure di Münchhausen, bensì nella Bibbia. E allora che cosa significa credere? Come prendere ‘alla lettera’ testi di questo genere? Si fraintendono quasi tutti i passi importanti della Bibbia quando il ‘prenderli alla lettera’ lo si interpreta come esteriorità. Ciò che Dio vuole dirci, ciò che quindi è di qualche importanza sul piano religioso ci viene a toccare nel profondo dell’anima, ridesta là dentro le immagini che già vi si trovano pronte, e una tale risonanza dentro di noi è l’evento col quale a noi umani si comunica l’Essenziale, forse il Divino.