Description
Scritte in una lingua semplice, schiva e misurata, le poesie di John Freeman disegnano una cartografia intima che lascia entrare con forza il mondo tra le sue linee. Nei suoi versi Freeman cattura le cose perdute, controlla il dolore anche quando sembra indomabile, segue l’impatto dei luoghi sull’esperienza umana: a Beirut, Rio de Janeiro, Parigi, Roma, così come nel cuore della provincia americana, l’autore traccia i percorsi di un’esistenza, un’eredità in bilico tra rovina e costruzione, malattia e memoria, cercando di mostrare ciò che sulle mappe è invisibile. Freeman esplora tutti i territori che compongono una vita: la perdita, il dolore, la sofferenza e la resa dei conti finale. Ma anche l’amore, il ricordo, le passioni travolgenti che rendono quella stessa vita più lieve. Il debutto poetico di John Freeman è una magnifica raccolta di versi in viaggio attraverso il tortuoso ed emozionante sentiero dell’esistenza.
“Un vero gioiello, e una consolazione.”
Tracy K. Smith
“Delicate, disilluse eppure ancora ostinatamente piene di speranza, queste poesie ci aiutano a vedere un mondo che stiamo appena cominciando a esplorare.” Mark Doty
Biographical notes
John Freeman è critico letterario e scrittore.
Già presidente del National Book Critics Circle ed ex direttore di “Granta” – rivista di culto che ha scoperto alcuni tra i più importanti scrittori anglo-americani dell’ultimo secolo – attualmente è executive editor di “Literary Hub” e insegna alla New School e alla New York University.
Oltre a La tirannia dell’e-mail (2010), ha firmato Come leggere uno scrittore (2013) – una raccolta di interviste a grandi narratori e poeti del secondo Novecento –, Dizionario della dissoluzione (2020) e il libro di poesie Mappe (2021). Ha inoltre curato due antologie sull’ineguaglianza, una dedicata a New York e una agli Stati Uniti: Tales of Two Cities (2014) e Tales of Two Americas (2017). Nel 2015 ha fondato la rivista letteraria “Freeman’s”, che è divenuta un punto di riferimento per autori ed editori di tutti i paesi. Il suo lavoro, tradotto in più di 20 lingue, è apparso su “The New Yorker”, “The Paris Review” e “The New York Times”.