Description
È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore
fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile», come sottolinea Giulio Ferroni nella sua presentazione. Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità: «È il popolo meno retorico,meno idolatrico e meno fanatico della terra. Neanche il tempo lo commuove o lo spaventa, perché l’ha tutto raccolto sull’uscio, a portata di mano, poiché Roma è l’immagine stessa del tempo, della infinita contemporaneità». Si sente il respiro di una città bellissima, in cui risplende tutta l’autenticità di una «umile Italia», non ancora oppressa dal degrado, e tuttavia già insidiata dalle trasformazioni sempre più accelerate degli anni sessanta, sotto i colpi della speculazione e della cattiva politica, di una frettolosa e incolta modernità. Vissuta dall’interno, nella sua più viva concretezza, la Roma degli anni cinquanta e sessanta – fissata in queste pagine negli scatti di Allan Hailstone, giovane turista inglese, che nel 1956 per la prima volta percorre le strade della capitale – appare una «meraviglia» minacciata, quasi mitica, che non cessa di incantare con il suo fascino di cose perdute. Levi ci accompagna dentro questa città di sogno: dalle feste popolari di San Giovanni e della Befana a piazza Navona, al frastuono della fine dell’anno, al teatrino di Pulcinella al Pincio, al vuoto affascinante del Ferragosto…
Carlo Levi (1902-1975), pittore, scrittore e politico, è l’autore del capolavoro Cristo si è fermato a Eboli (1945) e di quell’impareggiabile affresco del dopoguerra italiano che è L’Orologio (1950). Antifascista, condannato al confino in Lucania, dal 1963 al 1972 fu senatore della Repubblica.