Description
“Può darsi che il letterato abbia diritto all’ingenuità,
ma non sono sicuro che l’ingenuità sia innocente,
né che l’innocenza sia innocua.”
Luca Rastello
“Rileggere Rastello può essere un antidoto
a un mondo della comunicazione, a una narrazione ‘social’,
a uno storytelling che tutto scrive e nulla conosce
e in cui il concetto di ‘punto di vista’ scompare
per fare emergere, prepotente e stolido,
un gigantesco e ripetuto ‘IO’.”
Dalla prefazione di Giorgio Morbello
I reportage di viaggio (con una predilezione
per il Sudamerica e per l’Asia centrale),
la letteratura in generale e quella ceca in particolare,
il narcotraffico internazionale e i suoi attori,
la guerra nella ex Jugoslavia, le luci e le tenebre di Torino,
emblema di un paese intero, i migranti, il Tav,
i movimenti anarchici. E poi una galleria di persone,
sempre “irregolari” ed eccentriche rispetto
ai protagonisti dei racconti mainstream.
Trent’anni di vita e di lavoro dedicati a capire le trame
e le pieghe del mondo, a cavallo di due secoli.
“Fate ogni giorno qualcosa che vi spaventi” è una frase di Kurt Vonnegut molto amata da Rastello, che fa da sfondo a tutta la sua produzione giornalistica e anche letteraria, qui raccolta attraverso una selezione di articoli e reportage. Rastello non ha paura di inoltrarsi là dove la realtà è più contrastata o addirittura tragica, come se – scrive Morbello nella prefazione – si preoccupasse sempre di “trovare il punto di massimo attrito” sia quando parla della sua città, Torino, squassata da una profonda trasformazione dopo l’effimero rilancio delle Olimpiadi invernali, sia quando ci porta in qualche paese sperduto dell’Asia centrale o in Amazzonia, tra popoli in guerra e in povertà. Nessuna conciliazione o effetto edulcorante: i viaggi in Bosnia centrale in tempo di guerra, gli antagonisti della Val di Susa e il fantasma dell’alta velocità, le torture a due passi da casa nel carcere di Asti, l’orrore del male colto in un pluriomicida (Donato Bilancia) – senza che mai il giudizio faccia velo sulla presa della realtà – sono offerti non come verità oggettive ma come altrettanti sguardi in cui prima di tutto è dichiarato il punto di osservazione. Per questo il racconto che l’autore ci propone richiede sempre uno sforzo di adesione, o magari di contrapposizione. Come dire: “Tu, lettore, da che parte stai? Io sto qui”.
Il suo è sempre un situarsi dalla parte più complicata, non per assumere una postura data a priori ma perché i fatti e le persone di per sé sono solcati da luci e tenebre, e perché è “impossibile mettersi in regola con l’ordine del mondo”: eppure ciò non vuol dire rinunciare ad avere uno sguardo ironico e divertito sulle cose, come quello che Rastello ha mantenuto anche nella malattia.
ma non sono sicuro che l’ingenuità sia innocente,
né che l’innocenza sia innocua.”
Luca Rastello
“Rileggere Rastello può essere un antidoto
a un mondo della comunicazione, a una narrazione ‘social’,
a uno storytelling che tutto scrive e nulla conosce
e in cui il concetto di ‘punto di vista’ scompare
per fare emergere, prepotente e stolido,
un gigantesco e ripetuto ‘IO’.”
Dalla prefazione di Giorgio Morbello
I reportage di viaggio (con una predilezione
per il Sudamerica e per l’Asia centrale),
la letteratura in generale e quella ceca in particolare,
il narcotraffico internazionale e i suoi attori,
la guerra nella ex Jugoslavia, le luci e le tenebre di Torino,
emblema di un paese intero, i migranti, il Tav,
i movimenti anarchici. E poi una galleria di persone,
sempre “irregolari” ed eccentriche rispetto
ai protagonisti dei racconti mainstream.
Trent’anni di vita e di lavoro dedicati a capire le trame
e le pieghe del mondo, a cavallo di due secoli.
“Fate ogni giorno qualcosa che vi spaventi” è una frase di Kurt Vonnegut molto amata da Rastello, che fa da sfondo a tutta la sua produzione giornalistica e anche letteraria, qui raccolta attraverso una selezione di articoli e reportage. Rastello non ha paura di inoltrarsi là dove la realtà è più contrastata o addirittura tragica, come se – scrive Morbello nella prefazione – si preoccupasse sempre di “trovare il punto di massimo attrito” sia quando parla della sua città, Torino, squassata da una profonda trasformazione dopo l’effimero rilancio delle Olimpiadi invernali, sia quando ci porta in qualche paese sperduto dell’Asia centrale o in Amazzonia, tra popoli in guerra e in povertà. Nessuna conciliazione o effetto edulcorante: i viaggi in Bosnia centrale in tempo di guerra, gli antagonisti della Val di Susa e il fantasma dell’alta velocità, le torture a due passi da casa nel carcere di Asti, l’orrore del male colto in un pluriomicida (Donato Bilancia) – senza che mai il giudizio faccia velo sulla presa della realtà – sono offerti non come verità oggettive ma come altrettanti sguardi in cui prima di tutto è dichiarato il punto di osservazione. Per questo il racconto che l’autore ci propone richiede sempre uno sforzo di adesione, o magari di contrapposizione. Come dire: “Tu, lettore, da che parte stai? Io sto qui”.
Il suo è sempre un situarsi dalla parte più complicata, non per assumere una postura data a priori ma perché i fatti e le persone di per sé sono solcati da luci e tenebre, e perché è “impossibile mettersi in regola con l’ordine del mondo”: eppure ciò non vuol dire rinunciare ad avere uno sguardo ironico e divertito sulle cose, come quello che Rastello ha mantenuto anche nella malattia.
Biographical notes
Luca Rastello (1961-2015), giornalista e scrittore, ha lavorato per il Gruppo Abele e diretto «Narcomafie», «L’Indice» e Osservatoriobalcani.org. Ha raccontato la guerra nella ex Iugoslavia in un libro diventato di riferimento («La guerra in casa», Einaudi). Autore di romanzi e saggi, con Chiarelettere ha pubblicato: «I Buoni», «Binario morto» (con Andrea De Benedetti) e il suo ultimo libro, uscito postumo, «Dopodomani non ci sarà».