Beschreibung
Questo libro insegue le tracce di Leopardi nelle opere di Saba, Montale, Sereni e Giudici. Un’ampia campionatura, dunque, che dagli interventi critici e dagli scritti autoesegetici si estende alla produzione inversi, illustrando di volta in volta i punti d’incontro (o scontro) con ilpensiero e la poesia di Leopardi.
L’allusione, la polemica, la parodia, le riprese metrico-sintattiche, lecitazioni esplicite, nascoste o dissimulate sono le più prevedibili modalità di confronto con il grande poeta ottocentesco. A esse, però,s’affianca qui una costante attenzione al ricorrere di immagini care aGiacomo: le chiuse imposte del Sogno, la mano del finale di A Silvia,l’errar del tuono tra i crinali del Canto notturno, le rive scintillantidella Ginestra. D’altra parte, altrettanto di frequente ritornano – informe sempre diverse – alcune tra le più celebri figure dei Canti, chesiano umane (Silvia, Nerina, Aspasia), divine (le ninfe, le Erinni, Diana), animali (il passero, la greggia) o naturali (la luna, una nuvola chesi dilegua e una foglia che cade).
Ma nelle liriche dei quattro poeti l’influsso dei Canti non emerge soloin superficie. Il libro leopardiano agisce infatti nel profondo medianteun fitto, e a volte intricato, sostrato comune di topoi: la morte giovanile e innocente, il canto udito da lungi, lo stormire del vento, l’addioprematuro alla giovinezza, il ritorno al borgo natio, le favole antichedella Primavera, l’attesa vana del dì festivo, la fratellanza tra Amore eMorte e altro ancora. Accanto ai topoi, infine, vi sono i mitologemi.Su tutti, quello della fanciulla germoglio, la Silvia-Persefone: il vero filrouge o, per riprendere una formula di Saba, il «filo d’oro» di questepagine. È così che l’«onda trascorrente» dei Canti – stavolta l’immagine è sereniana – dà e trova nuova linfa nella poesia di quattro protagonisti assoluti del primo e secondo Novecento italiano.
L’allusione, la polemica, la parodia, le riprese metrico-sintattiche, lecitazioni esplicite, nascoste o dissimulate sono le più prevedibili modalità di confronto con il grande poeta ottocentesco. A esse, però,s’affianca qui una costante attenzione al ricorrere di immagini care aGiacomo: le chiuse imposte del Sogno, la mano del finale di A Silvia,l’errar del tuono tra i crinali del Canto notturno, le rive scintillantidella Ginestra. D’altra parte, altrettanto di frequente ritornano – informe sempre diverse – alcune tra le più celebri figure dei Canti, chesiano umane (Silvia, Nerina, Aspasia), divine (le ninfe, le Erinni, Diana), animali (il passero, la greggia) o naturali (la luna, una nuvola chesi dilegua e una foglia che cade).
Ma nelle liriche dei quattro poeti l’influsso dei Canti non emerge soloin superficie. Il libro leopardiano agisce infatti nel profondo medianteun fitto, e a volte intricato, sostrato comune di topoi: la morte giovanile e innocente, il canto udito da lungi, lo stormire del vento, l’addioprematuro alla giovinezza, il ritorno al borgo natio, le favole antichedella Primavera, l’attesa vana del dì festivo, la fratellanza tra Amore eMorte e altro ancora. Accanto ai topoi, infine, vi sono i mitologemi.Su tutti, quello della fanciulla germoglio, la Silvia-Persefone: il vero filrouge o, per riprendere una formula di Saba, il «filo d’oro» di questepagine. È così che l’«onda trascorrente» dei Canti – stavolta l’immagine è sereniana – dà e trova nuova linfa nella poesia di quattro protagonisti assoluti del primo e secondo Novecento italiano.