Description
Un anno e oltre di guerra, un Paese travolto dall'invasione su larga scala, un regime che bombarda mentre vieta ai cittadini l'uso della parola "guerra". Storie di resistenza all'invasione e di resistenza al totalitarismo, dilemmi che crescono mentre le identità si ridefiniscono, e un mondo occidentale – il nostro – che sembra incapace di reagire a quanto avviene oltre le solite vecchie risposte schematiche e ideologiche. Inadeguate innanzitutto perché non tengono quasi mai conto del punto di vista dei protagonisti sul campo.
Parole in guerra, il volume di MicroMega 2/2023, prova a uscire dal rumore di fondo dell'informazione e si mette in ascolto. Delle tante voci di personalità ucraine e russe che hanno cose importanti da dire. Abbiamo raccolto gli interventi di scrittori e intellettuali di primo piano nel panorama ucraino e russo, come Irina Ščerbakova di Memorial (Premio Nobel per la Pace 2022), lo scrittore Mikhail Šiškin, la filosofa Oksana Timofeeva, il sociologo Volodymyr Iščenko, la poeta Alexandra Petrova. Abbiamo messo attorno a un tavolo giornalisti italiani che da un anno, fra mille difficoltà ci informano dal fronte, civile e militare, sulla vicenda bellica: Francesca Mannocchi, Lorenzo Cremonesi, Sabato Angieri. Reporter e scrittori ucraini come Andrij Lyubka, Olesja Jaremčuk, Aleksej Nikitin ci hanno raccontato le storie della loro gente travolta dall'invasione. Dall'Ucraina, il giornalista Francesco Brusa ha riportato le voci di chi si interroga sulla sua identità in trasformazione. La studiosa Maria Chiara Franceschelli ci ha aiutati a comprendere meglio l'uso che il regime di Putin fa del racconto della guerra per colpire i dissidenti, e perché è proibito chiamarla col suo nome.
Molti altri saggi e articoli con punti di vista diversi, di autrici e autori di origine ucraina, russa, italiana – fra cui Claudia Bettiol, Leonid Volkov, Germano Monti, Ilko Sasha Kowalczuk, Iryna Žerebkina – compongono il volume. Leggendolo possiamo sentirci investiti, ciascuna e ciascuno nel suo piccolo, dalla responsabilità di sottrarci all'uso sconsiderato delle parole che diventano rumore di guerra. E riabilitare il valore dell'ascolto e dell'interrogativo, indispensabili a qualsiasi ricerca di pace.