Descrizione
Un testo unico nel suo genere, per portare l’educazione antirazzista a scuola attraverso dieci semplici punti chiave. Attingendo dalla sua esperienza di bambina razzializzata, di madre di una bimba di sette anni e, soprattutto, di formatrice e giornalista attiva nel settore dell’antirazzismo, l’autrice ci restituisce un ritratto scomodo della scuola italiana di oggi, da cui la necessità di una decolonizzazione scolastica, che decostruisca i miti degli “italiani brava gente” e della bianchezza.
Dopo aver analizzato concetti come quelli di privilegio e di tokenismo, l’autrice suggerisce degli strumenti pratici per valorizzare le differenze nella programmazione scolastica, attraverso un approccio intersezionale.
L’ascolto è il punto centrale del libro, che si conclude con una sezione interamente dedicata a letture ed esercizi decoloniali.
«Sono cresciuta in due Italie. La prima è l’Italia di mio padre, un uomo bianco bergamasco la cui presenza era garanzia di privilegio, appartenenza e riguardo. Scortata da lui ricevevo i saluti della gente in dialetto, regali, sorrisi. Al suo fianco ero automaticamente parte del club “notèr”, un’italiana a tutti gli effetti. Papà era letteralmente il mio passaporto.
La seconda è l’Italia di mia madre, una donna nera “immigrata” e con disabilità. La sua presenza era portatrice di razzismo, emarginazione, segregazione. Accompagnata da lei, la gente ci insultava, polizia e vigili ci fermavano regolarmente per controllare i documenti, la gente posava le borse sui sedili vuoti del pullman (anche di fronte alla stampella di mia madre). Al suo fianco ero l’“extracomunitaria”, la straniera – anche se parlavo un italiano perfetto e masticavo il dialetto, anche se ero nata e cresciuta in Italia.»
Dopo aver analizzato concetti come quelli di privilegio e di tokenismo, l’autrice suggerisce degli strumenti pratici per valorizzare le differenze nella programmazione scolastica, attraverso un approccio intersezionale.
L’ascolto è il punto centrale del libro, che si conclude con una sezione interamente dedicata a letture ed esercizi decoloniali.
«Sono cresciuta in due Italie. La prima è l’Italia di mio padre, un uomo bianco bergamasco la cui presenza era garanzia di privilegio, appartenenza e riguardo. Scortata da lui ricevevo i saluti della gente in dialetto, regali, sorrisi. Al suo fianco ero automaticamente parte del club “notèr”, un’italiana a tutti gli effetti. Papà era letteralmente il mio passaporto.
La seconda è l’Italia di mia madre, una donna nera “immigrata” e con disabilità. La sua presenza era portatrice di razzismo, emarginazione, segregazione. Accompagnata da lei, la gente ci insultava, polizia e vigili ci fermavano regolarmente per controllare i documenti, la gente posava le borse sui sedili vuoti del pullman (anche di fronte alla stampella di mia madre). Al suo fianco ero l’“extracomunitaria”, la straniera – anche se parlavo un italiano perfetto e masticavo il dialetto, anche se ero nata e cresciuta in Italia.»
Note biografiche
Marilena Umuhoza Delli ha un master in Lingue e Letterature straniere per la comunicazione internazionale e ha studiato Cinema all’UCLA. Madre ruandese, padre bergamasco, ha firmato tre libri sul razzismo in Italia, conduce un programma dedicato alle eccellenze afrodiscendenti su Radio Radicale e scrive per Vanity Fair. Fotografa e regista, ha ottenuto riconoscimenti internazionali tra cui un Grammy e ha risvegliato l’attenzione dei media sul tema dell’inclusione nel mondo della musica e della letteratura. I suoi lavori sono stati pubblicati su testate ed emittenti internazionali come New York Times, The Guardian, Al Jazeera, CNN e BBC. Ha fondato la prima scuola online con corsi di decostruzione del razzismo per famiglie multietniche, scuole, singoli e associazioni: l’Academy Antirazzismo. Nel 2020 è stata inserita tra le 50 donne dell’anno da D-Repubblica e nel 2023 è stata nominata Community Leader of Change ai Black Carpet Awards organizzati da Vogue e AFW.