Descrizione
Lo sviluppo economico è senza dubbio un obiettivo attrattivo per gli Stati, perché produce ricchezza, benessere e prosperità; tuttavia, solo pochi Paesi al mondo riescono (o sono riusciti, negli ultimi duecento anni) a conseguirlo.
Cosa induce uno Stato a intraprendere la strada della modernizzazione economica? Perché, invece, altri Paesi rimangono indietro? Articolando paradigmi già offerti dalla letteratura istituzionalista della scienza politica e della storia economica, in
Sviluppo economico e violenza politica Emanuele Castelli propone un
modello interpretativo della transizione alla modernità basato su interessi e incentivi delle élites, spiegando - attraverso il concetto di "distruzione creatrice" introdotto da Schumpeter -
perché lo sviluppo non rappresenti un processo semplice da avviare e da gestire. In particolare, il libro sottolinea il ruolo svolto dall'innovazione tecnologica nella produzione dei settori-guida dell'economia, che a loro volta sembrano essere legati ai cicli economici e di leadership nel sistema internazionale. A partire da queste ipotesi, l'Autore discute i risultati di due studi quantitativi sul rapporto tra modernità e violenza politica, dimostrando che
lo sviluppo economico può anche produrre effetti pacificanti sulla politica estera degli Stati e diminuire il rischio di guerre civili.