Descrizione
Negli ultimi anni, i discorsi intorno allo sfruttamento delle donne migranti nei mercati del sesso sembrano essersi cristallizzati nella contrapposizione tra le retoriche
antitrafficking, da un lato, e quelle
prosex work, dall'altro. Questo scontro non permette di cogliere la porosità dei confini tra coercizione e autodeterminazione che molto spesso convivono nello sfruttamento, così come le combinazioni e le geometrie non sempre lineari tra libertà di esercitare e libertà di scegliere, nelle quali le diseguaglianze sociali giocano un ruolo di rilievo disegnando traiettorie e opportunità.
Ma l'aspetto forse più critico è che concentrarsi sulla contrapposizione tra chi ritiene che le migranti sfruttate dalle reti criminali siano solo
vittime e chi invece sottolinea la loro
agency, rischia di distrarre dalle contraddizioni del sistema. In quale tipo di mercato queste migranti esperiscono la loro attività? Come si configura la loro vita lavorativa? Quali sono le ricadute sulla salute? A quali forme di violenze sono sottoposte? E, infine, lo sfruttamento delle migranti nei mercati del sesso – riduttivamente indicato solo come violazione dei diritti umani – non è forse una delle modalità nella quale si esprime quella stessa violenza di genere che attraversa, almeno in potenza, le biografie di tutte le donne?
In questo saggio, l'autrice cerca di rispondere a questi e ad altri interrogativi. L'analisi di un corposo materiale di ricerca sullo sfruttamento delle donne migranti (cisgender e trans) in quattro mercati del sesso occidentali, diventa così un'occasione per superare le contrapposizioni e per riflettere su alcune grammatiche di genere che attraversano le nostre società.