Descrizione
Autentico esponente del decadentismo borghese, concentrato sulle ricercatezze formali come i suoi grandi maestri Baudelaire e Verlaine, Tarancı è un autore fondamentale per conoscere le note della poesia turca prima che arrivasse la grande parola di Nazim Hikmet a scardinarle attraverso l'inserimento nei versi della tematica sociale, e a stimolare la presa di coscienza da parte dei giovani turchi della loro dignità nazionale in una ribellione autentica al neocolonialismo straniero.
I versi dell'autore, nato nel 1910 nella Turchia sud-orientale e formato tra Istanbul e Parigi, risuonano invece nel vuoto seducente di una vita astratta, piena di sogni e di romanticherie decadenti, chiusa entro i limiti di una problematica puramente soggettiva. Si tratta di "Un uomo allo specchio", come recita il titolo della raccolta, di un uomo impegnato ad osservarsi e ad ascoltarsi, chiudendo gli occhi rispetto le contraddizioni della società feudale in cui la Turchia viveva ancora in quegli anni.
Un poeta dell'amore intimista, nei cui versi i temi forti legati alla morte e alla sofferenza interiore vengono sublimati attraverso una sorta di epicureismo e un desiderio sfrenato e orgiastico del vivere.
La dimostrazione di come si possa vivere in mezzo alla gente che muore di fame, sognando le proprie malinconie in una solitudine rarefatta e preziosa, sostanzialmente egoistica ed egotistica. (dall'Introduzione di Necdet Adabağ)
La raccolta, racchiude cento poesie tradotte da Necdet Adabağ, professore di Letteratura Italiana presso l'Università di Ankara, e curate da Giampiero Bellingeri.