Descrizione
Auschwitz, 21 o 22 luglio 1944. Un laboratorio. Due uomini parlano di chimica in tedesco, si chiedono entrambi se quello che hanno davanti è un uomo. Così Primo Levi racconta, nel suo libro più famoso, il suo esame con il Doktor Pannwitz. E per dire l’orrore, affinché gli altri possano comprendere, nell’intreccio di testimonianza e racconto evoca due figure mitiche, due antichi demoni: la Sfinge di Edipo e il Minosse di Dante. Ma non ci sono demoni: “gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell’ossequio e del consenso, che è senza ritorno”. Questo lavoro sonda il rapporto di Levi con i classici e ne scopre il talento di scrittore e ri-scrittore, maestro nell’appropriarsi di archetipi e modelli altrui, adoperandoli come dispositivo narrativo e intertestuale non soltanto nella testimonianza ma anche nella sua intera opera.
Note biografiche
Mattia Cravero è dottorando in Comparatistica all’Università di Torino. Studia i legami intertestuali (in particolare quelli classici) dell’opera di Primo Levi, a cui ha dedicato diversi saggi (tra cui Primo Levi e Ovidio. Tra racconto metaforico e mito metamorfico, in Innesti, a cura di R. Gordon e G. Cinelli, 2020). Si occupa di riscritture e di classico nel moderno. Ha curato, con Chiara Lombardi, il volume Contro la guerra. L’Iliade riscritta da noi, 2017.