Il giusto

Umberto Terracini: il comunista che aveva sempre ragione
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Il profeta Elia è il soccorritore a cui più di frequente si rivolge la tradizione ebraica, l’unico che sarebbe asceso in cielo da vivo, su un carro di fuoco, senza cioè che l’anima si separasse dal corpo. Il che consentirebbe a Elia di fare più volte ritorno sulla Terra, presenza salvifica, annunciatore dell’Era messianica. In lui s’impersona la figura dello Tzaddik, il Giusto. Anche Umberto Elia Terracini, a suo modo, si rivelò un Giusto. Negli ultimi anni della sua vita lunga e avventurosa, spesso in dissenso col partito al quale rimase fedele nonostante la diffidenza con cui veniva ricambiato, Terracini si mise al servizio delle cause in cui credeva: la difesa delle vittime di licenziamenti politici, di aggressioni fasciste, del terrorismo di Stato. Si schierò a sostegno dell’esistenza dello Stato d’Israele e degli ebrei perseguitati in Urss, e appoggiò la rivolta di Solidarność in Polonia allorché quel movimento operaio subì la repressione di un regime che si pretendeva comunista. Terracini, rinchiuso per 18 anni nelle carceri fasciste, si era opposto allo stalinismo fin dal 1929; e dieci anni dopo, per aver condannato il patto dei sovietici con Hitler, avrebbe sopportato l’ostracismo e l’espulsione temporanea dal partito cui dedicò tutta la sua esistenza. Tornato in libertà, fu tra gli animatori della Repubblica partigiana dell’Ossola prima che Togliatti lo riammettesse nella direzione del Pci e prima di assumere la presidenza dell’Assemblea Costituente. La Costituzione della Repubblica italiana reca in calce la sua firma. “Per noi giovani dei movimenti degli anni settanta,” racconta Gad Lerner, “Terracini fu un generoso protettore. Ci univa la critica alla politica del compromesso storico fra Pci e Democrazia cristiana.” Una biografia all’incontrario, per ripercorrere col passo del gambero, o se si vuole da destra a sinistra come nella scrittura ebraica, l’orizzonte culturale di un protagonista della democrazia italiana che non volle mai separare la lotta per la libertà dal fine ultimo della palingenesi sociale.



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