Descrizione
Mostro sacro del muralismo messicano, Diego Rivera è stato in realtà tante cose: sodale di Picasso, donnaiolo impenitente e amante vorace, fervido comunista ben presto espulso dal Partito e sedicente rivoluzionario dell’arte. Rievocando alcuni episodi salienti di questa sua storia personale, raccolta e trascritta dalla giornalista Gladys March, si rivela anche un narratore incapace di tenere a freno l’esuberante fantasia. Nella sua prosa, così come nella sua pittura, scorrono una travolgente passione per la vita e un’umanità multiforme: prostitute e rivoluzionari, politici corrotti e mecenati capitalisti, ma soprattutto la gente della propria terra, per la quale nutrirà sempre un amore profondo.
Dopo i primi passi come pittore cubista in Europa, il ritorno in patria è vissuto infatti da Rivera come una rivelazione: il Messico, con i suoi colori infuocati e la sua luce intensa, le moltitudini gioiose al mercato e alle fiestas, gli si presenta come una fonte di incontenibile splendore. A cui attingerà al momento di ritrarre sulle enormi pareti degli edifici pubblici messicani la coscienza politica di un popolo, attraverso scene di schiavitù, di lotta sociale e immagini della cultura precolombiana, plasmando i tratti di quel muralismo che diventerà di lì a poco un movimento pittorico internazionale.
L’autoritratto che si dipana sotto i nostri occhi assume via via i contorni di una confessione a cuore aperto, in cui l’autore non risparmia nessuno, men che meno se stesso. La sua versione dei fatti trova un controcanto nelle voci delle donne della sua vita – Angelina Beloff, Lupe Marín, Frida Kahlo, sposata per ben due volte, ed Emma Hurtado – raccolte in appendice. Giunto all’ultima pagina, al lettore non resta che chiedersi dove stia la verità su questo artista che è stato innanzitutto uno straordinario affabulatore o, nelle parole di Élie Faure, un creatore di miti, se non addirittura un mitomane.
Note biografiche
Diego Rivera (1886-1957) è stato uno dei più importanti pittori muralisti del Novecento. Ha contribuito, insieme ad Alfaro Siqueiros e José Clemente Orozco, a dare voce a un’arte autenticamente messicana attraverso le sue imponenti opere, visibili nei più significativi edifici di Città del Messico.
Artista provocatorio e scomodo, per tutta la vita ha attirato a sé polemiche e proteste, ma anche l’interesse di alcuni mecenati americani, tra cui Henry Ford e Nelson Rockefeller, che gli darà occasione di realizzare controversi murales anche negli Stati Uniti.