Descrizione
Nel 1979 Noël Burch pubblicava To the Distant Observer, uno dei testi più noti e discussi sul cinema giapponese. Cos’è cambiato quarant’anni dopo? Che ne è stato di quell’osservatore e di quella distanza? In un contesto digitale, polimorfo e convergente, il cinema giapponese è mutato nella sostanza, ma non solo: nuove pratiche discorsive e di fruizione hanno trasformato la sua ricezione all’estero, favorendo l’emergere di determinate sue espressioni a scapito di altre. Tra i nuovi osservatori digitali del cinema giapponese, rilocato su una moltitudine di schermi, troviamo non solo cinefili a caccia di cult movies, ma anche folte schiere di “cosmopoliti pop” attratti da un’immagine diversamente giapponese. Nelle loro pratiche virtuali, sia gli uni che gli altri contribuiscono a portare in superficie e a riplasmare questa immagine: diffondendola e sollecitando nuovi tipi di performance culturale, ma anche disperdendone la “fragranza” e occultando tutto ciò che vi si cela dietro.
Note biografiche
Giacomo Calorio, dottore di ricerca in Digital Humanities presso l’Università di Genova, attualmente insegna Lingua giapponese presso le Università di Torino e di Bergamo. È inoltre traduttore di manga e redattore di “Cinergie – Il cinema e le altre arti”. Si occupa principalmente di cinema giapponese: tra i saggi pubblicati sull’argomento, le monografie Horror dal Giappone e dal resto dell’Asia (2005), Mondi che cadono (2007) e Toshirō Mifune (2011).