Descrizione
Il lavoro artistico di Adrian Piper obbliga gli spettatori a prendere coscienza della loro complicità con un ordine sociale iniquo, razzista e sessista. A monte di questo lavoro c’è un metodo basato sull’analisi autoriflessiva, che travalica il piano dell’estetica pura per risalire alle ragioni dell’artista in quanto essere sociale. Questo sguardo politicamente consapevole è “meta-arte”. Considerate le condizioni materiali di esistenza dell’arte, fatalmente legate ai giochi speculativi di mercato e critica, Piper sollecita l’artista a interrogarsi sui limiti e i presupposti del proprio agire, per controbattere i meccanismi di controllo del sistema. «Ho coniato il temine “meta-arte” nel 1972, per descrivere il tipo di scrittura che l’artista dovrebbe compiere sul proprio lavoro, analizzandone i processi e chiarendo in un’ottica soggettiva il contesto sociopolitico e le premesse concettuali». Uscito nel 1973 come articolo su «Artforum», Meta-arte è la dichiarazione d’intenti di un’artista che non si riconosce come eccezione bensì come paradigma della società.
Note biografiche
Esponente dell’Arte concettuale e della Performance art statunitense, ha intrecciato la pratica artistica con la ricerca filosofica. Ha studiato alla School of Visual Arts, al City College of New York e all’Università di Harvard, dove nel 1981 ha conseguito il dottorato; ha insegnato Filosofia a Georgetown, ad Harvard e a Stanford, quindi al Wellesley College nel Massachusetts; è professoressa emerita dell’American Philosophical Association. Nel 2015 ha vinto il Leone d’oro alla 56a Biennale di Venezia. Tra i suoi scritti ricordiamo Out of Order, Out of Sight (2 voll., 1996) e Rationality and the Structure of the Self (2 voll., 2008)