Descrizione
(...) Se questo viaggio alla ricerca della città sotterranea denuncia una malinconica sfiducia nei confronti di ciò che sta sopra la terra e non smette di crescere come una lebbra, nei disegni di Fabrizio Da Col la tavolozza, sapiente e ricca di variazioni, corregge questo senso di angoscia con una intonazione che a tratti si fa quasi festosa, come se, attraverso varchi rocciosi il sole avesse accesso nelle profondità esplorate, dove strutture alberiformi testimoniano la perdurante presenza della vita. [Paolo Portoghesi]
Fabrizio Da Col è stato allievo a Venezia di Aldo Rossi e da Rossi indubbiamente deriva lo "stile" dei disegni: i tratteggi incrociati, la tavolozza accesa, il gusto delle incorniciature interne all'immagine, i tralicci, i volumi conici, le ciminiere; ma la differenza essenziale sta nella spazialità delle architetture rappresentate. Mentre Rossi osserva i suoi paesaggi urbani dall'alto ed è affascinato dal "gioco sapiente e corretto dei volumi sotto la luce", Da Col predilige la sezione, lo scavo e adopera le citazioni (quella per esempio del Cemetiere Marine di Valery) non per spiegare l'immagine ma per alzarne il tono. Se Rossi chiama in aiuto la parola per rendere più comprensibili le immagini (per esempio la didascalia: "Ora questo è perduto" che spiega la vista terremotata delle case atterrate"), Da Col cita Valery o Pasolini per accentuare l'aura di meditazione poetica e levare al disegno una specificità unicamente architettonica che ne semplificherebbe le intenzioni espressive.
Introduzione di Paolo Portoghesi