Descrizione
"Quasi un diario" nasce come una serie di appunti legati fra loro a mo' di zibaldone dalla coerenza del discorso e dal sottile filo della successione cronologica degli eventi. Riferimenti che spesso nel racconto saltano o vengono a mancare soprattutto perchè non è ancora chiaro a Gellner cosa rappresenti quello scritto che sta prendendo forma: solo un primo nucleo di appunti che dovranno poi essere successivamente sgrossati e affinati, oppure un testo che troverà spazio all'interno di quel libro che nel frattempo Gellner sta creando sul vecchio tecnigrafo in legno dello studio con la pazienza e la cura del tipolitografo. Le fotocopie e gli ingrandimenti di foto, documenti, disegni e maschere di testo vengono incollati con cura negli spazi indicati nelle griglie del menabò; le pagine si succedono in lunghi nastri poi ripiegati a fisarmonica a formare il volume. Gellner è sempre stato un grande artigiano, non ha mai spiegato in termini accademici le ragioni del suo fare, ha solo detto: "guarda, così sta meglio" e spostando con le lunghe dita i ritagli e i pezzettini di carta sparsi sul tavolo improvvisamente la pagina acquistava senso ed equilibrio all'interno del discorso narrativo del capitolo. Parlare per immagini era un suo grande dono.
La monografia resta sicuramente l'ultima opera di Gellner, non solo per l'eccezionale documentazione, ma soprattutto per la struttura logica e la composizione grafica e architettonica del volume. E' sicuramente la madre di tutte le pubblicazioni che sono uscite successivamente in anni recenti e segna l'inizio per Gellner della "fortuna" in senso rinascimentale o semplicemente di una riappropriazione al mondo degli architetti attraverso le mostre e la pubblicistica che ne è seguita. Il lavoro fatto per la monografia ha però lasciato traccia nello studio: terminata la pubblicazione e ritornati i materiali dallo stampatore, si trattava di riordinare il tutto, disfando le cartelle provvisorie create per la monografia e ricollocando il materiale nelle cartelle originarie, nel tentativo di ricostituire l'ordine precedente.
Un lavoro di archivio che con l'aiuto dei collaboratori di studio più esperti ha impegnato una intera estate ma che ha prodotto almeno un nuovo assetto del materiale secondo una numerazione delle voci del regesto ancora in ma non per questo pubblicare. Il diario arriva al 1994 circa e non accenna alle vicende del decennio successivo che vedono Gellner sempre attivo nel suo studio dove in seguito si trasferisce per comodità.
"Quando ho costruito questa casa -ripeteva spesso- secondo i principi del raumplanug di Loos non pensavo che tutte quelle scale l'avrebbero trasformata un giorno in prigione". Superate poi le tristi complicazioni legate a un infortunio ("sono inciampato sulla mia presunzione" come poi dirà alludendo ironicamente alle scatole accatastate contenenti i volumi freschi di stampa della monografia sulle quali una sera al buio urta e cade) Gellner trova nuovi stimoli nel ripensare un master plan per il suo villaggio, rimasto "ahimè senza cuore" ovvero privo di quei servizi collettivi tanto voluti assieme a Mattei. Nasce quindi una sorta di laboratorio condotto con il solo scopo di verificare su carta le idee a volte estreme o magari frutto di qualche notte insonne, per poi discutere, valutare, immaginare e alla fine spesso decidere di ricominciare.