Descrizione
È meglio essere ignorante o dotto? È meglio essere asino o sapiente? È meglio essere pazzo o savio? E ancora: è meglio avere le corna o non averle? Questo volume è dedicato all’analisi degli elogi paradossali, in prosa e in volgare, composti per lo più tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Cinquecento. Si tratta di testi allusivi e antidogmatici, che si collocano all’interno di un’estetica della bizzarria molto lontana dai solchi tradizionali del classicismo. Ma dietro la scorza esteriore della mimesi parodica, dell’ironia, dell’ambiguità è possibile percepire – come testimoniano gli interventi dei censori – anche istanze morali e inquietudini religiose. E tra le varie tematiche che caratterizzano il vasto corpus esaminato ne vengono, in particolare, privilegiate due: le “scritture asinine” e le “scritture in biasimo della scrittura” che trovano soprattutto la loro espressione nei libri di lettere facete. Così attraverso un serrato confronto delle opere di Ortensio Lando, di Cesare Rao, di Annibal Caro, di Anton Francesco Doni e di altri autori, Maria Cristina Figorilli – senza perdere di vista la ricezione dell’Elogio della follia di Erasmo e del De incertitudine et vanitate scientiarum di Cornelio Agrippa – ci offre una radiografia dei topoi più ricorrenti e del loro “riuso” fino alla pratica estrema del plagio.