Descrizione
Lavorare duramente, ogni giorno, ogni partita, ogni possesso, senza permettere mai al proprio ego di ostacolare lo spirito di gruppo e gli obiettivi della squadra. A Miami si respira una cultura cestistica differente, impregnata di sacrificio, sangue e sudore. Non importa chi sei stato in passato, non importano gli errori che hai commesso. Tutto ciò che un giocatore ha vissuto, sia in positivo che in negativo, qui assume nuovi significati. Durezza mentale, consapevolezza e redenzione. Non si tratta solamente di vincere, perché tutti vogliono farlo, ma di come vincere. Perché giocare negli Heat vuol dire abbracciare totalmente un modo di interpretare la pallacanestro che non ha eguali nella NBA, una filosofia forgiata dalla mente illuminata di Pat Riley e trasmessa con orgoglio e autenticità ai suoi giocatori, coloro che hanno reso leggendaria la storia della franchigia della Florida e hanno permesso alla Culture di cambiare lo sport americano.
Uomini veri, prima che atleti, che hanno sacrificato tutto per un’idea, per un sogno. Da Alonzo Mourning e Tim Hardaway, i giocatori da cui tutto ebbe inizio, passando per Udonis Haslem, Shaquille O’Neal e i 15 Strong campioni NBA nel
2006. Dal mito di Dwyane Wade, il più forte Heat di tutti i tempi, a quello di coach Erik Spoelstra, passato dal ruolo di video coordinator alla conquista di due titoli come allenatore dei celebri Big Three con LeBron James e Chris Bosh, fino alla nuova era griffata Jimmy Butler. Una storia lunga e appassionante, incardinata su un assunto indiscutibile: la Heat Culture non è per tutti.
Note biografiche
Nato a Padova nel 1986, laureato in DAMS, scrittore e giornalista per passione, è perdutamente innamorato della pallacanestro. È figlio adottivo di Seattle e del grunge, fedele discepolo di Dennis Rodman e seguace della Heat Culture. Scrive di NBA per «La Gazzetta dello Sport» e Overtime – Storie a spicchi.